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Giornali che offendono le donne

Le versioni on-line delle maggiori testate italiane mostrano ogni giorno immagini offensive delle donne. Evitarle è quasi impossibile perché spesso sono più centrali delle notizie del giorno. Eppure, le donne leggono più degli uomini e almeno quanto loro usano Internet. Sotto il profilo economico, conviene allora insistere con foto destinate a solo una parte della massa dei consumatori? Anche i quotidiani che giustamente criticano il governo per ragioni di carattere etico, non sembrano voler opporre valori diversi da quelli che sono alla radice del malcostume denunciato.

 

Nella sfera dell’’economia, l’’informazione è almeno parzialmente bene pubblico in quanto il suo “consumo” da parte di uno in più non comporta alcuna sottrazione al “consumo” di altri. Tuttavia è “escludibile” in quanto si può ridurre l’’accesso ad alcune fonti informative, nonostante la loro importanza per le scelte degli individui.

UNA RESPONSABILITÀ MORALE

Nella sfera politica, il ruolo dell’’informazione è ancora più centrale poiché in questo caso le decisioni, anche indipendentemente dall’’interesse calcolato degli attori politici, hanno effetti che incidono fortemente sulla vita di tutti o comunque della grande maggioranza delle persone. Benché non si possa stabilire una relazione causale diretta tra informazioni e decisioni, è ragionevole prestare attenzione al ruolo dell’’influenza dell’’opinione nella formazione della volontà politica. Come le informazioni sono selezionate, raccolte, presentate e distribuite è parte integrante della formazione della decisione democratica. E anche se l’’informazione è rubricata sotto il diritto di parola e di espressione e tradizionalmente considerata come un bene individuale privato, in una democrazia rappresentativa, la sua libera manifestazione non può esimere chi la esplica dal pensare a suoi potenziali effetti pubblici.È su questa responsabilità morale, dell’’individuo che la mette in essere, che si regge l’’etica dell’’informazione: deve essere sommamente libera rispetto al potere politico, ecco perché è parte dei diritti individuali, ma è auspicabile e sperabile che venga usata da chi la confeziona con senso etico. Ovviamente, i limiti sono e devono restare morali. Ma l’’informazione, soprattutto quando è relativa alle cose che riguardano lo Stato, le sue istituzioni e chi le fa funzionare è un bene pubblico a tutti gli effetti; un bene che deve poter contare sulla responsabilità di chi lo offre.

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LE DONNE NELL’INFORMAZIONE ON LINE

Le versioni online delle maggiori testate italiane, quotidiani e settimanali, mostrano ogni giorno, sistematicamente, immagini offensive delle donne. Immagini che non c’’è modo di evitare di osservare e guardare perché sono a volte più centrali delle notizie del giorno.
Che cosa c’è dietro questa strategia informativa tutta italiana? È infatti un dato facilmente dimostrabile che nessun importante quotidiano statunitense o europeo pubblica immagini di questo tipo.
Un’’ipotesi è che si pensi che chi legge i giornali online sia prevalentemente maschio e quindi si cerchi di soddisfare i gusti maschili. Tuttavia, i dati empirici non evidenziano questo, anzi il suo contrario: sono le donne che leggono più degli uomini e dedicano più tempo alla lettura: secondo i sondaggi più recenti, il 60 per cento dei lettori italiani sono donne. Un’’altra ipotesi è che si pensi che le donne italiane siano completamente assuefatte allo svilimento quotidiano della loro immagine anche a causa dell’’azione pervasiva di una televisione che da anni ci propina donne svestite e zitte al fianco di uomini vestiti e parlanti. È però un’ipotesi tutt’’altro che provata a giudicare dalle opinioni di molte donne che raccogliamo quotidianamente. Il fatto è che la stragrande maggioranza delle donne non dispone di canali per far conoscere la propria opinione critica.
Si potrebbe sostenere che le ragioni dell’’uso del corpo femminile siano utilitaristiche: i quotidiani hanno cali di vendite notevoli e chi li amministra pensa di usare espedienti pubblicitari per invertire la tendenza o comunque contenerla. Eppure, le vendite non migliorano. Non è forse il caso di soffermarsi a leggere le statistiche? Dal momento che le donne leggono più degli uomini e usano Internet almeno quanto gli uomini, dovrebbero essere le destinatarie principali o non secondarie della gran parte delle scelte di consumo delle informazioni. Inoltre, se si considera il fatto che la crisi tocca la manodopera maschile più di quella femminile, in particolare nel terziario e nel pubblico, si deve ragionevolmente pensare che questa capacità di decisione delle donne nella famiglia aumenterà.
Ecco la domanda che poniamo: 蠓economicamente” conveniente sfornare testate con immagini destinate a una parte soltanto della massa dei consumatori?
Ma al di là delle ragioni di natura economica, non è deprimente assistere alla sistematica e studiata dissociazione di “parole” e “fatti”? Anche i quotidiani che criticano, giustamente, questo governo per ragioni di carattere etico non mostrano di voler opporre valori o messaggi diversi da quelli che stanno alle radici del malcostume praticato dai nostri governanti.

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Foto: dal sito sorelleditalia

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GIORNALI, PREVISIONI E ALTRI VENEFIZI

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L’ULTIMO G8

36 commenti

  1. paolo zanini

    Condivido pienamente il fastidio per la prevalenza di immagini e richiami, sui quotidiani online come su quelli di carta, basati su un’immagine della donna che è ora di cambiare. Internazionale è uno dei pochi giornali che non usa questi espedienti e anche per questo è particolarmente interessante. Propongo l’attivazione di una campagna mediatica, o un marchio, che premi l’adesione ad una immagine diversa.

  2. giovanni delfino

    Il corpo o meglio "l’ossesione per il corpo" è divenuto il soggetto principale della discussione politica e culturale nel mondo occidentale. A ciò in Italia vi si aggiunge il retaggio culturale del machismo, dell’ostentazione virile, tipica di una società agricola e conservatrice catapultata nella dimensione industriale avanzata. Anche su questo fronte, cioè sul pregiudizio sessista dovrebbe interrogarsi la classe politica e l’intellighenzia, ma c’è "papi" e la sua virile gerontocrazia a dominare lo scenario e la riflessione su questi temi. Chi va con lo zoppo… Interessante dare uno sguardo sul merito a questo post tratto dal blog della professoressa Giovanna Cosenza, docente di semiotica presso l’Unibo.http://giovannacosenza.wordpress.com/2009/06/12/bello-e-impossibile/

  3. lorella zanardo

    Sono Lorella Zanardo autrice del documnetario IL CORPO DELLE DONNE visibile su http://www.ilcorpodelledonne.com e visto da 200mila persone in un mese. Ricevo giornalmente decine di mail al blog di protesta per quello che siamo costretti a vedere. Nel post di oggi interpello gli autori di canale 5. Credo sia importante chiamarli in causa altrimenti la protesta cade nel vuolto.

  4. armi

    Avete ragione. Infatti vedrete che le testate seguiranno il vostro consiglio e passeranno altrettanto pervasivamente e insistentemente alla nudità maschile (nello spettacolo, in Tv, sui calendari, questo già succede. Quanti calendari ci sono dedicati alle donne? Tanti). Non cambierà nulla se il criterio sarà quello, da voi suggerito, della convenienza economica. Le vostre conclusioni secondo me sono sbagliate perchè partono dal presupposto che le donne siano "migliori", ma la cultura e i costumi sociali del tempo sono condivisi in maniera molto equanime da uomini e donne. Inoltre, non credo che il target privilegiato dei quotidiani sia quello maschile: ogni quotidiano è corredato un giorno alla settimana da femminili (ioDonna… e simili). I quali non sono altro che rassegne pubblicitarie di modelle e modelli esibiti, arredamenti e case di lusso. Ma ammettiamo la migliore delle ipotesi. I giornali allora darebbero più spazio alle sfilate di moda e al fashion per accontentare il pubblico femminile. E la moda, destinata al pubblico femminile, vi pare che proponga modelli femminili rispettosi della donna?

  5. Lucia Vergano

    Ringrazio le autrici per aver sollevato una questione che reputo molto rilevante. E vero che anche alcune testate che propongono a parole un modello culturale alternativo a quello imperante nel nostro Paese, purtroppo nei fatti spesso si smentiscono, accompagnando i loro articoli (non solo on-line, ma anche in versione cartacea) con immagini che riducono le donne a meri oggetti di desiderio sessuale. Credo sarebbe auspicabile che, oltre a voci femminili, si levassero anche voci maschili in grado di denunciare questa tendenza e proporre modelli comportamentali differenti. La dignitá delle donne nella societa italiana non e probabilmente mai stata tanto calpestata come in questo periodo.

  6. Paolo Mariti

    Da tempo mi pongo la stessa domanda delle due autrici. Se si tratti di una scelta economicamente valida, devo, purtroppo, ritenere di sì altrimenti editori, produttori e commercianti si farebbero sentire. E’ un busillis. Affaccio una ulteriore ipotesi e cioè che in Italia la professione dei "pubblicitari" on-line sia composta in larghissima misura da maschi e che tra questi la maggior quota abbiano una "certa" immagine della femmine. La prima parte di questa ipotesi è certamente verificabile. (Abbandonando le versioni on-line delle testate giornalistiche, se si guarda ai settimanali, inglesi, spagnoli, francesi, tedeschi, ecc. il busillis comunque si ripresenta).

  7. emanuela

    Purtroppo esiste una questione femminile. Non darei tutte le responsabilità agli uomini, loro non possono capire. Credo purtroppo che noi donne e soprattutto mamme già alla nascita di nostro figlio/a "accompagnamo " le femmine verso certi modelli e i maschi verso altri. Il risultato è ben visibile.

  8. chiara

    Io ho più volte scritto al corriere su quasto argomento e nel forum della Rodotà sono in tanti che si lamentano. Sottoscrivo tutto quello che è stato detto, vale non solo per le donne, ma anche per quegli articoli inutili di gossip pruriginosi ecc. Per non parlare della tristezza delle "notizie più lette". E’ un gatto che si morde la coda, più pubblicano queste cose più le cliccano, basterebbe educare i lettori, se non trovano queste cose non le leggono e scelgono cose più intelligenti. Purtroppo le redazioni sono ancora in mano agli uomini così come il marketing.

  9. antonio p

    Sia riguardo ai maschi che riguardo alle altre donne. Il Femminismo ha partorito un topolino cieco ed ha vittimizzato le donne, con molte eccezioni, che mai hanno avuto necessità dell’epopea feminista per emergere.

  10. Giulio

    La tipica "cultura" femminista e di sinistra attribuisce la colpa agli uomini, grossomodo definiti maschilisti e prevaricatori, perché sfrutterebbero l’immagine del corpo femminile. Nessuno ha il coraggio di dire che sono le stesse donne attraenti ad approfittare della propria venustà. Basti pensare ai concorsi di bellezza: ricorre spesso la candida ammissione, da parte delle giovanissime partecipanti, che sono state le madri a forzarle a partecipare. Quindi, più che di "mentalità maschilista" si dovrebbe parlare di "mentalità di molte donne attraenti". E le donne che non lo sono affatto? Scaricano la loro frustrazione per non esserlo, su imprecisati "maschilisti" (qualcuno ne esisterà pure, d’accordo). Riguardo alle fanciulle che prestano la loro immagine, sempre la cultura femminista e di sinistra propone la ridicola tesi della donna sfruttata, della donna oggetto, ecc., ecc.: vorrei essere sfruttato io, per un servizio fotografico (per quanto impegnativo), a guadagnare quello che un operario guadagna in 3 anni.

  11. angela padrone

    L’articolo sfonda una porta aperta e i commenti sono più numerosi della media: segno che il tema suscita indignazione. Sarebbe stato ancora meglio se ci fosero i dati sulla lettura di giornali da parte di uomini e donne: dentro i giornali infatti, la cultura maschilista dominante viene”giustificata e razionalizzata con il fatto che i giornali li comprerebbero prevalentemente gli uomini. Temo che sia vero, ma se le cose sono cambiate è importante chiarirlo. L’argomento comunque nei giornali è tabu, perché la realtà è così profondamente maschilista che anche le poche donne, come me, che lavorano in posti chiave del giornale, fanno una fatica enorme a proporre una visione diversa. Il punto vero non è solo quello delle “immagini” (talmente ripetitive da essere in parte scontate) ma nella rappresentazione profonda della realtà. Sollevare obiezioni è mal tollerato. Le donne, nei giornali ma anche in altri ambiti lavorativi, vengono ammesse nei circoli superiori solo se si adattano spontaneamente alla gerarchia dei valori e dell’ranizzazione. Chi pensava che tutto ciò fosse roba del passato ha di che essere sconfortata. Credo che sarebbe ora di cominciare a ragionarci di più.

  12. Giorgio Di Giamberardino

    Vorrei entrare nell’argomento sottolineando come il fenomeno riguardi in modo esclusivo i giornali italiani. Visionando i siti della stampa estera non vi sono né riferimenti, né titoli né tanto meno foto utilizzate a mo’ di amo per far abboccare i navigatori della rete. E’ comunque un vecchio andante da sempre presente sulla stampa italiana di destra e di sinistra. Chi non ricorda le copertine del "Borghese", dell’"Espresso" o di "Panorama" degli anni ’70-’80? il principio è sempre lo stesso: l’italiano medio si accontente di molto poco.

  13. Pasquale

    Poche volte i commenti mi trovano così completamente d’accordo con la gran parte delle opinioni espresse. Aggiungo che, oltre al fatto in sè, ciò che molto spesso mi irrita è la piattezza delle scelte editoriali (si parva licet) dei webmaster del "Corriere" e di "Repubblica": state pur certi che se uno dei due è arrivato a pubblicare prima una serie di foto della starlette di turno, l’altro si precipita nel giro di cinque minuti a copiare la medesima scelta. Quanto all’editoria on-line offerta dagli USA (mi riferisco ai grandi quotidiani), il confronto è addirittura improponibile. Che si cominci con qualche iniziativa più clamorosa, io sono disponibile a sostenerla.

  14. Mario Sconamila

    Non capisco bene la sorpresa e l’indignazione da molti manifestata. Si è giustamente detto che questa "tradizione" sia tipicamente italiana (qui in Finlandia dove risiedo, sarebbe impensabile). Ogni società ha i costumi che merita. Ebbene, la mercificazione del corpo femminile, sbattuto in prima pagina solo come presupposto di desiderio sessuale, è figlia della realtà e dei costumi che operano in Italia dai primi anni ottanta, allorchè la nascita delle televisioni private (seguite successivamente da quelle pubbliche) hanno esaltato la donna come puro e semplice oggetto di esposizione e atteggiamento del corpo. I quotidiani online sono i figli della televisione, la grande matrigna che coordina, impartisce usi e costumi, impone stili di vita. Noi italiani ci siamo fatti rincitrullire da questo obbrobrio. Tutti si sono assimilati, nessuno escluso, e i risultati sono visibili. La società è questa: prendere o lasciare. Se un enorme numero di ragazze ambisce a fare le veline, non dobbiamo stupirci. E’ sconsolante e triste da parte mia ammetterlo, ma volentieri sto lontano da questa società, in balìa del buco della serratura.

  15. diego fasano

    24 ore dopo che i nomi di Noemi Letizia o di Patrizia D’Addario sono stati accostati a quelli del Premier, sui giornali e in tv sono spuntate le foto di book fotografici in pose ammiccanti con scollature e costumi da bagno, ovviamente reperibili nei rispettivi profili di Facebook o di un qualche altro social network. Queste sono donne sfruttate o donne che cercano il salto nell’immortalità che oggi è assicurata solo dalla presenza sui media? Sono più sfruttate o "oggetto" Letizia e D’Addario o le disperate nigeriane buttate sulle strade di notte, picchiate e violentate da chi aveva offerto loro il miraggio di un lavoro? Letizia e D’Addario o le donne piantate in asso da un marito carrierista che tirano avanti con figli e lavoro chiudendo in un cassetto sogni e aspirazioni? Non riesco a convincermi che una Chiabotto o una Canalis siano "costrette" dal maschilismo imperante a fare la donna oggetto. Mi dispiace, proprio non ci riesco. Come gli omosessuali che hanno gridato allo scandalo per una stupida canzone di uno stupido festival. Quisquilie e banalità. Non è lì che si combatte la quotidiana battaglia per i diritti.

  16. Sagliano Salvatore Antonio

    Nell’accettare a pieno l’invito di chi vuol vedere elevate anche voci maschili al fine di denunciare questa tendenza e proporre modelli comportamentali differenti, mi dissocio allo stesso tempo da chi imputa questo fenomeno al retaggio culturale maschilista accompagnato dal passaggio di una società agricola e conservatrice verso il progresso industriale, nonchè dal veder messo in mezzo il premiem come minimamente influente sulla questione. Il problema è di fondo ed è dovuto ai cambiamenti culturali decisivi degli ultimi tempi. Fu proprio la pseudo-rivoluzione sessantottina a volere la liberalizzazione estrema dei corpi, e del corpo della donna che attualmente viene utilizzato, per attirare i consumatori di una società fondamentalmente superficiale (così come volle il neocapitalismo!), come mero oggetto sessuale, lasciando nel passato qualsiasi forma di rispetto e di pudore, ovvero di bellezza in senso proprio. Ed è ciò che Pierpaolo Pasolini, di buon occhio, ben denunciò il sottosviluppo culturale e il degrado umano che si avviava prepotentemente il quel periodo ad opera, a suo dire, di una massa di contestatori sottosviluppati (cit. Il sogno del centauro, Pasolini).

  17. Maria Cristina Migliore

    Ringrazio anch’io le autrici per aver sollevato il problema in lavoce. Penso però che una lettura economica del fenomeno non sia sufficiente. Sono d’accordo con chi sostiene che dietro a questo fenomeno ci sia una questione storico-culturale italiana – fatta di tanti ingredienti – che non riusciamo a superare. Se si adotta questa lettura, allora la domanda diventa: come superare questa cultura machista che permea profondamente il nostro paese ed è riprodotta da uomini e donne? quali meccanismi ci conducono ad accettare questo stato di cose? Perché noi donne non siamo unite in questa battaglia? Sono attiva in un’associazione di donne e in questi anni ho visto le donne dividersi sulla base di logiche partitiche e ideologiche. Ahimé l’omologazione alle logiche maschili – di cui si parla in un commento – sono molto diffuse. Ma non ho ancora perso la speranza.

  18. Susanna

    Se, come affermava Aristotele anche i muri delle città educano i cittadini, a cosa educano le versioni on-line dei migliori giornali italiani?

  19. Molly Brown

    Anch’io sono d’accordo, omrai il Corriere si è messo al livello di Novella 2000, e la cosa più squallida è l’elenco delle notizie più lette. Dovremmo tutti (uomini e donne quindi persone) cambiare mentalità perché ormai tutte quelle immagini ammicanti sono preistoriche! Molti anni fa ho lavorato in un’agenzia pubblicitaria: ho visto campagne splendide e originali bocciate senza pietà dai clienti che chiedevano il solito paio di tette….

  20. Paolo

    Il vero rimedio è chairo: ogni donna dovrebbe rifiutarsi di accettare lavori che alimentano il degrado dell’immagine femminile. Utopia, purtroppo, in una società dove ognuno è costretto a ‘prostituirsi’, in un modo o nell’altro. E per la velina di turno è certo più remunerativo che per le precarie di un call-center…

  21. Giorgio Zanutta

    Il problema di buona parte delle fonti, anche, d’ informazione è che finiscono nel loro palinsesto con il dare un’immagine di una donna con valori di richiamo ed atta a soddisfare (sirena e schiava), e di un maschio che deve essere solo abile consumatore. E’ un pò poco per i maschi ed ancora meno, suppongo, per le donne. In pratica si stanno esaltando solo delle peculiarità dei due ruoli che sono limitate e limitative per cui si ha che l’informazione e la cultura che stì scatoloni dovrebbero fare è una cultura vuota fessa di valori reali e quotidiani, offensiva nei contenuti e diseducativa negli indirizzi. Che fare per far sì che questi strumenti possano effettivamente lavorare e non sopravvivere di pubblicità limitante, probabilmente quello che stanno già facendo da soli; si stanno tagliando le gambe perché le loro comunicazioni vengono eluse propio per la sfiducia che sta montando nei cittadini che si stanno accorgendo che i divi proposti stanno sulla luna. Saranno pieni di soldi ma sono usati ed una volta che non servono adeguatamente rottamati, applicando gli stessi principi a tutti, l’uomo o donna afine carriera lavorativa che fine dovrebbe fare?

  22. AMSICORA

    Nell’articolo si depreca, en passant, il "malcostume praticato dai nostri governanti", con riferimento verosimilmente alle feste a casa del capo del governo. Vorrei ricordare che un governo si giudica per quello che fa.Punto. Ad esempio un Bassolino magari non va a puttane, non ha mai tradito la moglie, forse è addirittura astemio, non fa nemmeno battutacce, è una personcina irreprensibile sul piano della morale ma è un pessimo governante che ha ricoperto di merda (non solo in senso metaforico) Napoli, una delle città più belle del mondo. Chi è "più etico"? Il Berlusca che va a puttane ma sta cominciando (sottolineo: sta cominciando, ovviamente un problema decennale non si risolve in pochi mesi) finalmente a liberare dalla spazzatura la Campania o il Bassolino di cui sopra?

  23. roberto

    1. prima di tutto grazie per aver proposto il tema; 2. il mio comento è anche quello di padre di due giovani donne (e due più giovani uomini); 3. la voce è un luogo di economisti: interessante l’ottica economica; 4. forse non è solo questione di consumo e modelli di vendita: il punto potrebbe essere quello della perdita dei luoghi (fabbriche, campi, istituzioni) dove il lavoro un tempo creava identità; 5. con tutto il rispetto per le lotte dei radicali e per il femminismo, ritengo che sia stato il lavoro, la partecipazione femminile alla produzione industriale, a muovere davvero quel poco o tanto che in questo paese si era mosso e adesso sembra regredire; 6. la società postindustriale non usa più il corpo per produrre le sue merci più pregiate: i corpi tornano a essere scissi dall’identità connessa al lavoro; 7. torna l’uso idealizzato/scisso poi mercificato (prostituito) del corpo femminile; esplodono opzioni estreme di sessualità deviante, virtuale, scissa dal sé; 8. dignità del lavoro e corpo femminile: offese parallele?

  24. claudio montanari

    Non sono e non voglio passare come controcorrente. Però, Care Signore, ma avete visto, non alle edicole ma in giro per strada, dove circolano tutti, uomini, donne, bambini e anziani, in quale abbigliamento si infila, per propria libera scelta, probabilmente una minoranza ma sempre una percentuale importante, tanto genere femminile? E quanta voglia hanno, giovani fanciulle così come morigerate mogli, di correre al mare a mostrarsi agli sguardi altrui mentre il proprio uomo, per non dare importanza e mostrarsi all’altezza, ingoia il rospo affossando lo sguardo nella gazzetta dello sport? La questione è molto più complessa e riguarda l’essere uomo e l’essere donna con le relative, biologicamente imprescindibili, caratteristiche, alcune delle quali assolutamente mal tollerate dall’altro genere, ma ripeto, imposte per natura e successivamente travisate e strumentalmente ampliate per convenienze di parte.

  25. Gloria Bartoletti

    Sono una vostra assidua lettrice grazie alla newsletter de "lavoce". Trovo l’ articolo in questione di fondamentale importanza, per ragioni etiche economiche di buon senso e di gusto . Volevo farvelo sapere e dare la mia disponibilità per qualsiasi iniziativa che, in tono pacato e regionevole come è nel vostro stile di scienziate, sostenga questa battaglia contro la mercificazione della donna sui magazines e sui quotidiani italiani . Cosa per la quale gli osservatori stranieri, fra l’ altro, anche se per me è secondario, da tempo giudicano l’ Italia un paese sessista, reazionario e sostanzialmente ridicolo. Gloria Bartoletti

  26. Ilaria Piemonte

    Interessante l’articolo che si interroga con onestà su una questione, l’uso dell’immagine della donna, a mio avviso di enorme importanza, non solo per le donne, ma anche per gli uomini, se è vero che una società, intesa come "sistema", più evoluta è un vantaggio per tutti. Questione che raramente viene affrontata acnche dagli stessi media di cui si parla nell’articolo. Domanda: quante sono le donne tra i direttori di detti quotidiani? Forse il "problema" non è solo capire le scelte editoriali in funzione dei destinatari dei giornali, ma anche di chi le scelte le fa. E purtoppo, dopo un po’, ci si stanca di indignarsi, per cui forse i lettori "persi" per indignazione sono meno di quelli guadagnati per un’immagine.

  27. Sara

    Se ci sediamo sugli "allori" del machismo italiano e delle veline non abbiamo un atteggiamento produttivo ma solo la rassegnazione alla situazione che le autrici hanno sollevato. Lungi da me dal proporre di limitare la liberta’ di espressione, ma sarebbe "auspicabile" una autoregolamentazione per lo meno da parte dei quotidiani che li porti a evitare foto esplicite sulla prima pagina o link lampeggianti verso i servizi scabrosi. Continueranno a esserci i "machi" e le veline, ma almeno verrano relegati su testate meno rilevanti (mi sono vergognata quando guardavo un quodiano on-line e i miei colleghi americani credevano guardassi siti di commercio biancheria intima…)

  28. Geoffrey

    Ci voleva un articolo del genere, guardare nei nostri vicini per capire come 1. la TV italiana fà veramente schifo (provate a guardare la qualità della TSR-svizzera, o TV5-belga. Questa si che è TV!) però la gente che legge la voce lo saprà bene. 2. I giornali fanno schifo! (perchè fatti all’immagine della Tv) Vi invito a confrontare le news di: Corriere.it / LeMonde.fr / DieZeit.de ! Nel quotidiano nostrano, dopo G8 le news sono: Obama che guarda un culo, I misteri di Carla Bruni, Uno morto incornato, Donne, quasi un anno per decidere i vestiti, tss, che decadenza…

  29. Elisa Lamanda

    Penso da diverso tempo molte delle argomentazioni così brillantemente esposte dalle autrici dell’articolo infatti ho eliminato dai miei siti "preferiti" le testate di alcuni importanti quotidiani nazionali. Quasi quotidianamente mi tocca indignarmi quando mi fermo ad acquistare il quotidiano al giornalaio e scorgo titoli e foto inverosimili appesi con le mollette dall’edicolante; in quei momenti mi ricordo della mia beata gioventù quando mi sembrava di contribuire a cambiare la cultura della società italiana partecipando ad alcune delle più importanti battaglie civili a cavallo degli anni 70′ e 80". Così anche all’edicola mi accontento di un quotidiano economico. Ho spesso, del resto, la sensazione di vivere in una società dove sono i maschi in maggioranza e non le donne, tanto il modello maschile si è fatto "generale". Forse affrontando l’argomento da un punto di vista strettamente economico si ha più speranza di sollecitare un cambiamento. E allora perchè non aprire un vero e proprio forum con i direttori dei giornali italiani sul vostro sito chiamandoli a confronto sulle loro scelte editoriali? Auguri!

  30. silvia bruno ventre

    Leggo con piacere l’analisi di daniela del boca e nadia urbinati, ma credo che sarebbe più corretto rettificarne il titolo "giornali che offendono alcune donne". Secondo me il problema è tutto concentrato in questo "alcune". se più donne si offendessero di essere usate in modo così squalificante, se invece meno donne si sentissero gratificate di esibire anche il proprio corpo pur di attirare gli sguardi di qualsiasi uomo, forse si potrebbe sperare di fare qualche passo avanti. purtroppo negli ultimi anni assistiamo a una demolizione di tutte quelle che sono state le rivendicazioni femminili dagli anni 60 in poi. Guardo allibita a come molte giovani e giovanissime donne non coltivino alcun desiderio di formarsi, di rivendicare un proprio ruolo nella società come persone pensanti, ma inseguano invece solo il mito della bellezza ( a volte poi lontanissima…) e della seduzione a tutti i costi. io, che ho 49 anni, mi interrogo a volte sulle responsabilità della mia generazione: perché se siamo riuscite solo parzialmente a trasmettere alle nuove generazioni valori e stimoli di crescita personale e intellettuale è anche colpa nostra…

  31. virginia

    La scelta editoriale è chiara. La versione online deve essere "essenziale" e mainstream per non cannibalizzare quella cartacea: niente commenti/approfondimenti e veicolare pubblicità agganciando lettori con richiami sessuali e gossip. Sta a noi lettori (nonostante tutto) fidelizzati rendere chiaro agli editori che vorremmo informazione e non "evasione"… ma questo è un discorso che va oltre la nota questione della mercificazione dei corpi maschili e femminili. Gli strumenti non mancano: chissà che almeno in questa congiuntura non possano dimostrarsi efficace.

  32. Annamaria de Crescenzio

    Ho scritto piu’ volte al direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli, e al direttore di Corriere.it, Marco Pratellesi, contestando alcune delle loro scelte editoriali fra cui l’immagine distorta del corpo femminile presentata quotidianamente, con articoli da rotocalco. Marco Pratellesi ha risposto alle mie considerazioni, testuali parole: "La colonna delle zapping contiene spesso notizie più amene (…) Credo che un giornale moderno abbia tre funzioni: informare, interpretare e divertire". Non posso concordare con questa affermazione, il quarto potere non deve affatto "divertire". Scrivete alle redazioni online, lamentatevi, contattate lobbies che si occupano di gender studies, chiamate e non lasciate passare.

  33. Tommaso G.

    Non solo i giornali usano il corpo della donna in maniera spudorata, anche i portali che ospitano la posta elettronica. Tempo fa, non avendo ancora la connessione a casa, andavo ad un internet point per leggere la mia posta. Ora, la pagina di accesso di TIN.IT sembrava una pagina per incontri clandestini, e devo dire che un po’ provavo vergogna, in quell’ambiente pubblico, ad accedere alla mia posta Telecom. Adesso quella donna che sembra una prostituta non e’ piu’ sulla pagina di accesso di TIN.IT.

  34. Tommy Calabrese

    E’ offensiva in sè l’informazione che rinuncia ad esserlo. Che tace volutamente, tacciandoli banalmente di gossip, i traffici di "gnocche d’alto bordo" senza lontanamente far balenare a noi l’idea che queste vengano pagate (un week-end vale tre volte lo stipendio di un metalmeccanico) con denaro pubblico. Che è senz’altro una possibilità concreta. I pubblicitari, poi, non sono scemi: vale il principio/immorale che "la donna fa vendere". Sarà perchè ancora oggi gli uomini hanno maggiori disponibilità economiche: mica stanno a casa in maternità. Mica lasciano il lavoro per badare ai figli. Detto questo, rimane una contarddizione solenne, riconducibile al secolare principio secondo cui "pecunia non olet" e chi vende (non più dunque il consumatore-cliente) ha sempre ragione. E quanto suona offensiva l’espressione "Utilizzatore finale" usata da Ghedini? Conoscete un TG che ne abbia in qualche modo parlato, esclusa telekabul di buona memoria? Questo offende le donne: la mancanza di informazione nei loro riguardi, si tratti di violenze sessuali, condizioni familiari, svantaggio sociale. La Carfagna che fa? Che dice? Sabina Guzzanti docet.

  35. Donatella

    Immaginiamo che i media e i giornali si pongano l’obiettivo di suscitare emozioni, di stupore e/o gratificazione, perchè questo rientra nell’ambito delle leve commerciali a disposizione. E supponiamo che l’immagine e l’illusione di un modo femminile schiavo asservito al piacere maschile faccia parte delle immagini gratificanti e rassicuranti. Immaginiamo che la donna indipendente, padrona delle proprie scelte, autodeterminata sia invece una immagine ansiogena per il mondo maschile italiano di oggi. Questa potrebbe essere la descrizione della nostra società. La domanda che dobbiamo porci è perchè questo succede. Dalla mia visuale ed esperienza di vita: 1) la maggior parte delle donne nell’interagire cade velocemente nella trappola della seduzione: così facendo non risultano affidabili in quanto eccessivamente manovrabili e dunque da relegale al ruolo di geishe. 2) Quelle che non rientrano nella categoria sopra si contrappongono in modo poco relazionale, quasi arrabbiato: così facendo risultano poco cooperative e dunque da tenere a distanza. 3) Una minoranza trova il modus per relazionarsi in modo sereno: troppo poche per generare un’immagine rassicurante del mondo "donne non veline".

  36. Michele

    Sono d’accordo coi contenuti dell’articolo, ma rilevo che a mio parere il riferimento a non meglio definite “immagini offensive delle donne” potrebbe essere un po’ troppo generico e creare confusione. In altri termini, così ciascuno riempie il “contenitore” del significato che più sente proprio, mentre forse qualche esempio più dettagliato sarebbe stato indicato per capire di preciso a cosa l’autrice muove la propria critica. Per farvi un esempio: spesso e volentieri la donna, benché mostrata seminuda, è mostrata anche con fare di dominatrice e predatrice nelle odierne pubblicità. Questo è offensivo della donna perché la mostra seminuda o, al contrario, si potrebbe addirittura dire che ne promuove valori come l’indipendenza, la parità (nel non essere per forza lei “preda”), la riappropriazione della propria sessualità (visto che un atteggiamento maschilista è solitamente ritenuto quello di vedere il rapporto sessuale come volto alla soddisfazione del solo uomo), e così via? Personalmente ritengo che sarebbe opportuno un “disarmo collettivo” (un po’ come quando USA e URSS si accordavano sulla riduzione degli arsenali nucleari) per recedere un po’ tutti da questa esagerata venerazione del corpo finto da copertina e ricerca del piacere irraggiungibile da film hard. Sia uomini che donne (oggi molto propense a cercare forme di “successo” nel Mondo mediante il proprio aspetto fisico, la seduzione, e così via; non certo e non solo per colpa di un paradigma maschile imposto loro).

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