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È L’IMMIGRAZIONE, BELLEZZA

Perché i partiti socialdemocratici crollano in tutta Europa proprio in un periodo di recessione? La risposta è nei 26 milioni di immigrati nell’Unione Europea negli ultimi anni. I cittadini sono preoccupati per la sostenibilità del welfare state europeo. E se la soluzione sembra essere in più rigide politiche sull’immigrazione e nelle limitazioni all’accesso allo stato sociale, le coalizioni di destra sono decisamente più credibili. Ma sono politiche inattuabili nel lungo periodo. Esistono alternative ben più efficaci. Senza rinunciare alla redistribuzione.

Le recessioni di norma favoriscono i partiti di sinistra. Il loro appoggio a politiche redistributive è percepito dagli elettori come una forma di assicurazione: durante la crisi si perde il lavoro o si diventa più poveri, ci sarà qualcuno “lassù, al governo” che si preoccuperà di garantire una forma di aiuto di carattere sociale. “Nessuno sarà lasciato indietro” è il motto dei socialdemocratici e il contenuto dell’universalismo nelle prestazioni sociali da loro sostenute. L’età dell’oro dei socialdemocratici nel Parlamento europeo è stata a metà anni Novanta, quando l’Unione Europea aveva tassi di disoccupazione a due cifre  e usciva da una pesante recessione. La supremazia del gruppo socialista a Strasburgo è finita quando la disoccupazione ha iniziato a convergere verso i livelli degli Stati Uniti e il tasso di occupazione ad avvicinarsi agli obiettivi di Lisbona. E invece, questa recessione, la più grave del Dopoguerra, è andata di pari passo con l’affermazione elettorale di movimenti di destra e xenofobi in tutto il Vecchio Continente e con la disfatta proprio di quei partiti che storicamente hanno contribuito di più alla costruzione del welfare state europeo.

UN’ARMA DI ESCLUSIONE SOCIALE DI MASSA

Com’è potuto accadere? La risposta è l’immigrazione. Negli ultimi venti anni più di 26 milioni di persone sono arrivate nell’Unione Europea a 15 contro i poco più di 20 milioni di emigrati negli Stati Uniti, di 1,6 milioni in Australia e meno di un milione in Giappone. Dal 2000, paesi come l’Irlanda e la Spagna, ora particolarmente colpiti dalla crisi, hanno visto raddoppiare il rapporto tra popolazione straniera e indigena. Certo questi flussi sono precedenti alla recessione e, anzi, durante la crisi l’immigrazione tende a diminuire: approssimativamente del 2 per cento per ogni punto percentuale di caduta del prodotto nel paese di destinazione. Ma a preoccupare gli europei è la combinazione di una forte e recente immigrazione, della recessione e del welfare state. I dati dell’European Social Survey rivelano un marcato deterioramento della percezione dei migranti da parte degli europei a partire dal 2002. Questo deterioramento è dovuto alla preoccupazione che gli immigrati siano un peso fiscale in quanto beneficiari dei generosi trasferimenti di carattere sociale garantiti dall’Europa, “la terra della redistribuzione”. Paradossalmente, le politiche redistributive introdotte con l’obiettivo di favorire l’inclusione sociale sono diventate un’arma di esclusione sociale di massa. Ora che i deficit pubblici salgono alle stelle e la disoccupazione torna su livelli a due cifre, gli autoctoni hanno la legittima preoccupazione che anche i più strenui difensori delle politiche redistributive saranno costretti a tagliare le prestazioni sociali, a meno che non riescano a limitare l’immigrazione o almeno l’accesso degli immigrati al welfare. Ma per motivi ideologici, i partiti di sinistra non possono perseguire politiche che introducono barriere o un accesso asimmetrico al welfare per gli immigrati. Le coalizioni di destra e i movimenti xenofobi sono più credibili dei socialdemocratici nel perseguire politiche di questo tipo. L’Italia di destra e la Spagna di sinistra ne sono un buon esempio. In Italia, dai trasferimenti sociali ai poveri sono esclusi a priori coloro che non hanno un passaporto italiano, indipendentemente dal fatto che siano immigrati legali o clandestini e che abbiano pagato le tasse. Intanto, le barche dei disperati vengono respinte verso la Libia e nessuno sa dove saranno portate queste persone. In Spagna i trasferimenti sociali sono estesi ai cittadini stranieri e di recente il governo ha pubblicato un rapporto che documenta il contributo decisivo dato dall’immigrazione nel boom economico degli ultimi dieci anni. Il Ministero del Lavoro è stato ribattezzato Ministero del Lavoro e dell’Immigrazione.  Non è il Ministero degli Interni, come da noi, ad avere la titolarità di queste politiche.

LE ALTERNATIVE POSSIBILI

La faccia rassicurante dei socialdemocratici si sta trasformando in un incubo proprio per quei cittadini europei che rappresentano il loro elettorato tradizionale: operai, persone con reddito basso o che vanno avanti grazie ai sussidi del welfare. Devono quindi i socialdemocratici rinunciare ai loro ideali oppure rassegnarsi a scomparire? Non necessariamente. In primo luogo, non è affatto detto che le misure volte a rendere più rigide le politiche sull’immigrazione e a limitare l’accesso al welfare per gli immigrati rappresentino la risposta migliore alle preoccupazioni dell’opinione pubblica al di là del brevissimo periodo. La recessione è destinata a durare a lungo, e non è semplice mettere in pratica le restrizioni all’immigrazione, come dimostra l’alto numero di immigrati illegali che vivono nell’Unione Europea. E’ difficile anche limitare l’accesso al welfare da parte degli immigrati: l’esperienza degli Stati Uniti ci dice che queste restrizioni possono essere ribaltate dai pronunciamenti dei tribunali, in particolare in quei paesi dove l’immigrazione è già forte e consolidata.
Così anche le politiche oggi premiate dagli elettori possono non dare quei risultati rassicuranti che promettono. Invece di imitare i loro avversari, i socialdemocratici dovrebbero cercare di riformare i loro programmi di welfare rendendoli maggiormente proattivi e rafforzandone le basi assicurative. Questo significa che la possibilità di ricevere i sussidi deve essere subordinata al pagamento dei contributi (gli immigrati sono ovunque contribuenti netti) e che gli abusi debbono essere sanzionati sia sotto il profilo sociale che amministrativo. La Danimarca e la Svezia sono i paesi che hanno fatto i passi più importanti nella riforma delle politiche sociali in questa direzione: è solo un caso che i partiti di centrosinistra di questi due paesi siano le uniche formazioni politiche pro-welfare a non essere state sconfitte in queste elezioni europee?

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I MODELLI ECONOMETRICI

54 commenti

  1. david c.

    Attualmente chi ha una laurea o un diploma e proviene da stati sfortunati, non se la vede riconoscere e concorre ad aumentare le fila di chi cerca lavori poco qualificati. Fanno concorrenza ai nostri poveri, per cui i salari piu’ bassi si abbassano. Perchè non riconoscere loro la validità dei loro studi e farli entrare in concorrenza con i lavori piu’ qualificati? Non si è sempre detto che il mercato funziona perchè c’è concorrenza? I servizi resi potrebbero diminuire di prezzo, per cui gli strati bassi della società potrebbero trarre vantaggio da questa concorrenza, oltre a non vederli concorrere per lavori di bassa manovalanza?

  2. gilpisa

    Tutto giustissimo, ma l’analisi dell’autore non tiene conto del fatto che l’immigrazione rappresenta un’autentica manna per demagoghi e populisti sia mediatici che politici. Un’occasione d’oro per creare odio, che come si sa, è un collante sociale molto più forte della ragione. Con il governo che ci ritroviamo noi lo sappiamo molto bene, ma -visti i risultati delle elezioni europee- lo sanno anche altri paesi che hanno tradizioni democratiche e coscienza civile ben superiori alle nostre. L’Europa purtroppo non è la Svezia o la Danimarca: temo che per molti anni si continuerà ad usare gli immigrati sia come forza lavoro a basso costo e zero contributi, sia come spauracchio apportatore di voti.

  3. mario gregorio

    Esistono alternative ben più efficaci? 26 milioni di immigrati sono già una cifra enorme, che però tende ad aumentare. Lo spazio fisico vitale è insufficiente, i mezzi economici non basteranno a far vivere dignitosamente tutti gli stranieri, che, se non ritornano nei loro paesi d’origine, dovranno delinquere per sopravvivere, con tutti i problemi di O.P. Ma la cosa più drammatica è l’esplosione demografica dei musulmani, che tra pochi anni saranno in numero pari agli Europei e li sorpasseranno. Già adesso gli islamici dicono che la Svezia è il più bel paese musulmano del mondo. Sharia, moschee, DHIMMI, taqhyia, dissimulazione,c ome pensiamo di convivere con chi non desidera integrarsi? Ecco perchè le destre stanno vincendo in Europa.

  4. giovanni papiro

    Un’altra possibilità per interrompere il circuito politico-demagogico a sfondo xenofobo delle destre europee (che come è illustrato nell’articolo è particolarmente acuto nell’attuale fase recessiva) potrebbe essere quello di estendere il diritto di voto agli immigrati regolari; in tal modo di persegue politiche populistiche dovrebbe mettere in conto che se guadagna alcuni voti nelle fasce popolari che maggiormente temono gli immigrati, certamente perderebbe il voto di quest’ultimi. Per le stesse ragioni i socialdemocratici avrebbero minori timori (elettorali) nel sostenere politiche di integrazione ed estensione del welfare verso gli immigrati. La ratio per estendere il diritto di voto agli immigrati regolari è facile da individuarsi: dal momento che pagano le tasse e i contributi dovrebbero avere anche il diritto di contribuire ad eleggere chi spende denaro pubblico. L’introduzione del diritto di voto agli immigrati forse potrà non incidere enormemente sulle poitiche del welfare, ma sicuramente riuscirebbe a contenere la deriva xenofoba di questi anni attizzata da una parte della politica.

  5. Nic Pinton

    Se ho inteso bene l’autore dice che "per ricevere i sussidi gli immigrati devono pagare i contributi", questa mi pare una risposta ovvia, semmai e’ da ricercare una soluzione attraverso un prestito tipo micro credito che dia sollievo in questa fase, attraverso Banca Etica. Cioe’ chi non ha lavoro perche’ l’ha perso deve essere aiutato con un prestito ponte da restituire a tasso zero appena ritorna al lavoro. Altro discorso riguarda gli immigrati che lavorano in nero: quelli hanno fatto la fortuna degli imprenditori che hanno evaso i contributi. E’ l’altra faccia dell’economia. Stanare il lavoro nero cambia il valore del pil.

  6. Vincenzo Spiezia

    Idea interessante, ma dalle implicazioni contraddittorie sulla “razionalità” degli elettori. Finora, i trasferimenti pubblici sono andati principalmente a banche e imprese e non ad ammortizzatori sociali. Da un lato, dunque, gli elettori sarebbero sufficientemente "razionali" per prevedere che governi socialdemocratici accrescerebbero il deficit pubblico per finanziare maggiori spese sociali delle quali beneficerebbero principalmente gli immigrati. Dall’altro lato, gli elettori non sarebbero sufficientemente “razionali” per comprendere che la crisi è dovuta a eccesso di liberalizzazione finanziaria, sanzionare i governi che hanno promosso politiche di liberalizzazione e premiare i partiti socialdemocratici tradizionalmente più tiepidi in tema di liberalizzazione. Forse bisognerebbe guardare altrove…

  7. Armando Pasquali

    Nelle società europee è in atto un cambiamento strutturale: i lavoratori poco qualificati stanno diventando poveri. Non "più poveri", semplicemente "poveri". Questa trasformazione dura ormai da un quindicennio. Naturalmente, è questa la causa della vittoria della destra, non la presenza degli immigrati in quanto tali. I movimenti di estrema destra, non a caso, hanno cominciato a fiorire quando una parte della popolazione è stata decretata "inutile", un peso morto nella nuova economia della conoscenza. La globalizzazione non ha portato i favolosi vantaggi per tutti: l’Italia che finalmente dismette le industrie arretrate per concentrarsi nella "parte alta" della produzione, cioè l’operaio che si ricicla in designer, PR, money manager… Qualcuno ci ha creduto? Qual è, allora, la via d’uscita? Diamine, le riforme. Cioè togliere ai lavoratori gli ultimi diritti rimasti. La differenza fra destra e sinistra? La durata degli ammortizzatori sociali. La sinistra concede al lavoratore qualche mese in più prima di abbandonarlo al suo destino. Ma di tutto questo, cioè di economia, non si parla. I temi sono altri: Eluana, i gay, la sicurezza. E su questi, la destra vince. Anzi, stravince.

  8. roberto

    I cittadini saranno anche preoccupati della possibile contrazione dei servizi di welfare a causa della maggior domanda di assistenza generata dagli immigrati. Ma non credo che la crescente diffidenza verso gli immigrati abbia motivazioni così raffinate. Credo si sia semplicemente raggiunta la soglia di sopportazione verso i comportamenti di un buon numero di questi stranieri. E’ frequente constatare una certa dose di strafottenza e arroganza dove noi in genere cerchiamo di usare le buone maniere: al supermercato, sugli autobus, ai giardini pubblici. Piccole cose, ma che avvelenano la convivenza. La cronaca nera poi non aiuta a migliorare la loro immagine. La gente, come me, dice basta, e vuole il rispetto delle regole di convivenza: non è xenofobia, è bisogno di decoro e di rispetto. Non basta tollerare i clandestini perché, una volta qui, per vivere sono costretti al lavoro nero o alla delinquenza. Sarà semplicismo, ma l’avanzata delle destre la interpreto così.

  9. Bruno D'Alba

    Prof Boeri, lei dice: "Ma per motivi ideologici, i partiti di sinistra non possono perseguire politiche che introducono barriere o un accesso asimmetrico al welfare per gli immigrati." Ci può spiegare meglio quali sono questi "motivi ideologici" e quale fondamento hanno a fronte della necessaria sostenibilità del sistema sociale (del sistema paese), e del patto tra i cittadini italiani (cittadini di nazionalità italiana) percettori dei diritti e dei doveri sanciti dalla Costituzione, e le istituzioni? L’immigrazione dovrebbe essere vista nella giusta prospettiva, quella di invitare gli immigrati che sono funzionali ad un corretto apporto alle esigenze del paese. L’accoglimento privo di qualsiasi pianificazione compromette in modo definitivo la possibilità di assicurare condizioni decenti di integrazione e del conseguente utile sviluppo della società nella quale anche gli immigrati potranno beneficiare. Non è possibile accogliere tutti coloro che vogliono venire in Italia (ed in Europa), quale che sia la spinta "ideologica".

  10. vittorio emiliani

    Sono pienamente d’accordo con quanto scrive l”autr, vorrei soltanto raccontare un episodio in proposito. Una trentina di anni fa, Luciano Barca, responsabile economico del Pci, teneva un dibattito a Reggio Emilia e da più d’uno si sentì dire, stupito. "Luciano, a què iè tot maruchèn ormai", sono tutti marocchini, nelle fonderie soprattutto. In realtà "marocchini" allora erano i meridionali, mentre adesso sono marocchini per davvero, egiziani, tanti, ghanesi, senegalesi, ecc. A Novellara il 20% dei residenti è straniero. Trent’anni sono un soffio nella storia e un fenomeno imponente – vissuto come una festa o, al contrario, come la "peste" – ha occupato le nostre città del Centro-Nord. Ma chi ce lo racconta? Eppure al Viminale ci sono i rapporti annuali dei prefetti dove se ne parla di continuo, al di là della cronaca nera.

  11. carlo anaclerio

    Aggiungerei che un grandissimo errore è stato quello di allargare l’Ue senza rafforzare il sistema di welfare e creando così una guerra tra poveri italiani ed immigrati, che ha portato a questa radicalizzazione a favore della Lega. Se il famoso tesoretto lo avessero speso in questo senso! Ma Prodi dormiva.

  12. Francesco Burco

    Un’altra possibilità è che i socialdemocratici italiani che rimangono si trasferiscano in Svezia e Danimarca, pagando i contributi e ricevendone in cambio un welfare adeguato. Presumibilmente saranno soggetti a reddito fisso che in Italia pagano le tasse anche al posto di chi non lo fa. L’alto prelievo fiscale dei paesi socialdemocratici non dovrebbe quindi spaventarli. Non è escluso che i conservatori italiani, temendo uno scenario in cui la diaspora di pochi potrebbe aprire gli occhi ai molti, e quindi spingere in massa i taxpayers a uscire dall’Italia, rivedano le loro politiche, concedendo qualcosa. Scherzi a parte, io terrei anche in considerazione una possibile correlazione fra il tasso di invecchiamento della popolazione e lo spostamento delle politiche su versanti conservatori. Diciamo che Jacopo Ortis votava a sinistra, cresciuto e diventato Didimo Chierico spostava il suo voto verso il centro. Lo stesso Alemanno da giovane inviava contro il sistema (la gioventù si scaglia), con i primi capelli grigi si è riscoperto più vicino a posizioni conservatrici. Diciamo che dal big bang a oggi mai la popolazione (europea) è stata così vecchia (e conservatrice).

  13. Mirco

    La sconfitta dei partiti socialdemocratici europei non è soltanto causata dall’immigrazione come giustamente rilevato nell’articolo. Secondo il mio modesto parere, l’introduzione della moneta unica è anche causa della paura se non del terrore che si è instaurato nelle menti delle classi meno abbienti che nel secolo scorso votavano a sinistra. La moneta unica senza una unità politica, determina un solo strumento di coercizione per il sostentamento dell’euro: la restirizione della politica di bilancio ( i vincoli di maastricht).I socialdemocratici hanno sempre utilizzato la spesa sociale e il deficit pubblico per le loro politiche sociali, che non possono più utilizzare condizionati dalla banca centrale europeae dalla concorrenza economica fra gli stessi partners europei. Urge l’unità politica e politiche unitarie di welfare altrimenti scopierà tutto e gli stati si ritroveranno governati da xenofobi l’uno contro l’altro armati. Altro che Hitler e l’inflazione del 1923.

  14. rita

    La tesi proposta è suggestiva, ma la realtà è un po’ più complicata. Si parla degli immigrati come contribuenti netti, ma si dimentica che la maggior parte di famiglie immigrate vedono la moglie impiegata come colf o badante rigorosamente in nero per non perdere le varie provvidenze comunali ed assistenziali. Se aggiungiamo che si tratta di solito di famiglie più numerose di quelle italiane, mi pare evidente che la strada è più complessa. Grazie comunque per gli stimoli alla riflessione.

  15. Sergio Ascari

    Spero vivamente che lei abbia ragione, anche nella parte propositiva. Temo però che le classi operaie che si sono spostate a destra temano non tanto la condivisione del welfare con gli immigrati, dalla quale possono trarre benefici visto che questi sono contribuenti netti. Quanto la concorrenza degli stessi sul mercato del lavoro. Mi aveva colpito qualche tempo fa un articolo divulgativo di Krugmann, che citava studi relativi agli USA: nei quali si affermava che l’immigrazione ha effetto negativo sui salari reali dei colletti blu – contrariamente ai risultati di studi precedenti. Krugmann stesso faceva ammenda per sue tesi precedenti, e ne era giustamente preoccupato. Purtroppo non ho con me l’articolo o la citazione, qualcuno de lavoce.info ne saprà certo di più. Temo poi che l’immigrazione non sia nemmeno il fattore decisivo. Negli anni Trenta l’immigrazione era scarsa in Europa, ma la risposta alla Depressione in Europa favorì la destra dura, tranne il breve episodio francese del 1936. Speriamo che il resto della storia non si ripeta.

  16. paolo crisafi

    Il testo di Boeri è centrale per spiegare buona parte del voto per l’elezione del Parlamento europeo. Credo che l’affermazione dei Verdi in Francia e altrove possa contribuire a spiegare un’altra frazione del discorso "strutturale": e cioè che la risposta alla "globalizzazione con crisi" deve basarsi su un giusto mix di redistribuzione e di innovazione produttiva. Forse occorrerebbe anche includere nell’innovazione anche quella applicata ai servizi alla persona (non solo servizi primari, ma anche quelli legati alla cultura e al tempo libero). Solo così la crescita potrà tornare ad essere utile, dinamicamente equa. Detto questo, caro Boeri, non dimentichiamoci però, che si votava per un’istituzione europea che rappresenta gli interessi dei cittadini e non di elezioni per bocciare o promuovere i governi. Lo so che il fatto resta in ombra, ma a noi spetta anche gettare un po’ di luce dove regnano le ombre. Pensiamo a come si può fare, perchè anche questo serve al dibttito pubblico.

  17. Sandro Venturoli

    In realtà in Italia, a differenza di Svezia, Olanda e Inghilterra, non vi sono mai state politiche di inclusione sociale (accompagnamento lavorativo e abitativo, formazione professionale alfabetizzante e di acquisizione delle conoscenze per esercitare i diritti di cittadinanza, ecc), gestite dai diversi livelli di competenza istituzionale. Le strutture che si sono attivate sono prevalentemente finalizzate al contenimento e all’accoglienza di primo livello. Gli interventi specifici di inclusione sono affidati al no profit con una polverizzazione delle risposte difficilmente quantificabile nei risultati. Ciò che in generale non si é mai riusciti a fare è dimostrare, anche attraverso indicatori economici, che le politiche sociali sono un investimento anziché una spesa. La contraddizione che caratterizza il nostro sistema è che alla reticenza della politica non corrispondono i comportamenti reali delle aggregazioni sociali, ad esempio le imprese che dichiarano di avere bisogno di manodopera per ricoprire posizioni lavorative non più coperte dagli autoctoni, ma non chiedono alla politica strutture e servizi in grado di soddisfare il loro bisogno.

  18. Ezio casagranda

    Le ragioni della sconfitta della sinistra sono da ricercarsi nella sue scelte di fondo sulle politiche redistributive dove, seppur con posizioni più sfumate, ha fatto propria l’ideologia della privatizzazione dello stato sociale e quindi nell’esclusione di milioni di cittadini, autoctoni e non, dalle prestazione e dai sussidi. Quindi il problema è ribaltare questa logica e rivendicare più stato sociale, più diritti collettivi e la ripubblicizzazione dei beni comuni come l’acqua o dei servizi sociali come scuola, sanità e trasposti. Insomma, deve battersi per un modello diverso da quello che punta alle mitigazioni delle politiche neoliberiste.

  19. Antonio

    Egregio Prof. Boeri, dal suo articolo, mi permetta, emerge una sua opinione eccessivamente ottimistica e positica sul livello culturale degli italiani e forse anche degli europei. L’idea che sia il timore del costo fiscale e previdenziale degli immigrati a provocare la vittoria dei partiti di destra in Europa forse può essere valida in alcuni paesi europei dove la protezione sociale, per i disoccupati in particolari, è molto forte ma non certo in Italia. Anzi proprio l’Italia dimostra forse che il vero problema è l’immigrazione tout court. Che sia clandestina è solo un pretesto. Parlando con la gente, vecchi e giovani (io insegno in un ITIS) constato diffidenza e paura generalizzata verso gli immigrati, soprattutto di colore. I mass media hanno contribuito in maniera esasperata e mirata a creare questa paura sfruttando il terrorismo islamico, la paura del diverso, la violenza degli immigrati. Le posso assicurare che ho conosciuto molti italiani, anche laureati, che non hanno alcuna consapevolezza del debito pubblico, dei problemi fiscali e dell’economia. Preferiscono ripetere slogan offerti dalla politica che dica loro quello che vogliono sentirsi dire. Informarsi costa troppo.

  20. Giovanni

    Condivido pienamente l’analisi del voto europeo anche se aggiungerei fra le cause del boom dei partiti xenofobi la forte diffidenza dei cittadini verso una maggiore globalizzazione e integrazione dei mercati come è invece nei programmi dell’Unione Europea (la Lega Nord è infatti un partito-sindacato NO GLOBAL).

  21. leonardo berti

    Trovare risposta alla questione del crollo dei partiti socialdemocratici in tutta Europa e’ un obiettivo molto ambizioso. E richiede una combinazione di argomenti. L’analisi proposta e’ interessante ma non esaustiva del problema. Ad esempio bisogna precisare che i cittadini europei sono in primis preoccupati nel vedere 26 milioni di immigrati in cerca di lavoro nei loro stessi mercati. Ed in periodo di recessione i posti di lavoro diminuiscono e cosi’ i salari ad essi collegati. Avere come concorrenti milioni di lavoratori disposti ad accettare condizioni al ribasso spaventa moltissimo. Di riflesso cresce anche la preoccupazione per l’accesso di questi immigrati allo stato sociale. Certamente. Ma non mi sembra la ragione principe della crisi dei partiti socialdemocratici in tutta Europa. Tantomeno l’unica.

  22. Marino

    Ho l’impressione che l’immigrazione sia tutto sommato un falso problema: se pagano le tasse, consumano e i loro datori di lavoro pagano i contributi, perchè gli immigrati dovrebbero essere un peso? Invece mi preoccupa l’uso politico dell’immigrazione per etichettare la sinistra come il "nemico interno" alleato agli emigrati (magari islamici) contro il "popolo" (il mio tedesco è un pò arrugginito, il termine tecnico dovrebbe essere Volksgemeischaft, con Blut und Boden e Sieg Heil aggiunti. E’ un giochetto usato dalla destra repubblicana in USA che qui stanno imitando: "L’immigrazione la vogliono il grande capitale, i radical chic e i preti (pedofili)", come ha scritto un elettore leghista o PDL ai commenti della Stampa. Le preoccupazioni per la sostenibilità del welfare sono manipolate. E intanto una badante clandestina è morta d’aborto per paura della denuncia.

  23. azimut72

    "negli ultimi venti anni più di 26 milioni di persone sono arrivate nell’Unione Europea a 15" In questa frase c’è tutto. Non è possibile ed è utopistico gestire questi fenomeni solo con l’economia e il "politically correct" in quanto l’impatto di questi flussi in brevi spazi di tempo ha influenze degenerative sul tessuto sociale e ambientale che prescindono le decisioni economiche. Anzi, fino ad ora ci è andata molto bene, perchè la Storia ci insegna che fenomeni di questo tipo portano in genere a conflitti (e, nonostante la vulgata, l’Italia finora si è comportata benissimo dal punto di vista dell’accoglienza). Non è vero che l’immigrazione non possa essere bloccata. E’ una questione di metodi. In tempi di forte crisi come questo tutto è pensabile, anche a metodi ritenuti non "politically correct". Parafrando Gordono Gekko "Ragazzo…è una questione di ordine e sicurezza, tutto il resto sono chiacchiere". E la sicurezza è il bene primario…non scordiamocelo.

  24. Giuseppe P.

    Al di là dei benefici economici dell’immigrazione (quota di Pil imputabile agli immigrati, contribuenti netti previdenziali, ecc.) vorrei sottolineare i benefici sociali e culturali dell’immigrazione. Gli immigrati sono in prevalenza giovani, sono più prolifici degli italiani, sono una forza fresca e creativa, che crea impresa, che ha voglia di fare e di progettare. Un paese multietnico e multicolore è un grande beneficio e vantaggio, non una minaccia. Per questo è essenziale semplificare le norme di concessione della cittadinanza e estenderla ex iure a tutti coloro nascono in Italia. Anche l’antica Roma era un "melting pot" di genti e di razze provenienti da ogni angolo dell’Impero romano, per questo era una Grande città. Non voglio vivere in un’Italia monocolore e monoculturale!

  25. Riccardo Colombo

    L’articolo sottolinea bene come si assista ad una crisi generale del modello socialdemocratico, che va oltre ai problemi specifici del riformismo italiano. Condivido inoltre la considerazione che l’immigrazione sia uno dei sintomi di questa crescente difficoltà della sinistra europea a interpretare ed intervenire sulla società. Ritengo, tuttavia, che le singole proposte, giuste o sbagliate, non siano sufficienti a contrastare il peso crescente della destra. La crisi del modello socialdemocratico sta in quei " motivi ideologici" richiamati nell’articolo: è l’intero impianto ideale e strumentale della socialdemocrazia che è entrato in difficoltà. Il tema dell’immigrazione ne è il detonatore, ma sarebbe riduttivo inseguire soluzioni specifiche senza una riflessione complessiva. La questione è quindi la seguente: come superare il conservatorismo e l’immobilismo dei partiti socialdemocratici, tra cui il PD, per aprire un dibattito libero da vecchie incrostazioni ideologiche e logiche di potere ?

  26. Riccardo Colombo

    L’articolo sottolinea bene la crisi del modello socialdemocratico andando oltre ai problemi specifici del riformismo italiano. Condivido inoltre la considerazione che l’immigrazione sia uno dei sintomi di questa crescente difficoltà della sinistra europea a interpretare ed intervenire sulla società. Ritengo, tuttavia, che le singole proposte, giuste o sbagliate, non siano sufficienti a contrastare il peso crescente della destra. La crisi del modello socialdemocratico sta in quei " motivi ideologici" richiamati nell’articolo: è l’intero impianto ideale e strumentale della socialdemocrazia che è entrato in difficoltà. Il tema dell’immigrazione ne è il detonatore, ma sarebbe riduttivo inseguire soluzioni specifiche senza una riflessione complessiva sulla crisi sociale- economica e sul modello di riferimento. Dobbiamo superare la frammentazione delle proposte che sono spesso troppo tecniche e specifiche per incidere sui riferimenti ideali delle persone. La questione è quindi la seguente: come superare il conservatorismo e l’immobilismo dei partiti socialdemocratici, tra cui il PD, per aprire un dibattito libero da vecchie incrostazioni ideologiche e logiche di potere?

  27. Fabio Vivian

    In un momento di grave crisi la minaccia rappresentata dagli immigrati come concorrenti al welfare state è solo l’ ultimo dei problemi! Le criticità dell’ immigrazione, soprattutto quella clandestina, sono più concrete. Cosa dire del tema sicurezza? E della criminalità che si arricchisce grazie ai poveracci sui barconi? E di quella indotta, anche economica, ovvero di chi sfrutta col lavoro nero in condizioni infami gli immigrati facendo concorrenza sleale e senza pagare le tasse? Se la sinistra ha perso voti è perchè la sua ricetta è, o viene percepita come: porte aperte a tutti. Come si risolve il fenomeno della clandestinità? Con un bel foglio di via? Con intelligenza l’ immigrazione può essere una risorsa. Col finto buonismo della sinistra, nei fatti complice di tutte le mafie che s’ arricchiscono sulla pelle degli immigrati, si va solo verso sicure sconfitte. Non è sorprendente che il voto delle classi popolari si sposti: chi subisce sul lavoro, per l’ abitazione, ecc la concorrenza al ribasso dell’ immigrato? Tra i molti che faticano a sbarcare il lunario non tutti sono così ingenui da credere alle parole d’ ordine dei maitre-a-penser della rive-gauche.

  28. MARIAROSARIA

    Qualche anno fa non avrei pensato con preoccupazione all’immigrazione, ma ora in piena crisi economica e con una criminalità in aumento anche nelle piccole città mi aspetto una avanzata della xenofobia. Non credo che la gente sbagli a temere la concorrenza sleale degli immigrati sul proprio territorio, in aggiunta alla violenza, che non è invenzione dei massmedia, senza contare il pericolo del terrorismo islamico che ha già colpito pesantemente l’Europa.

  29. AM

    Gli articoli della Voce sono di piacevole lettura, a dir il vero, più per l’eleganza delle argomentazioni che per le tesi sostenute (già scontate). Molto più interessanti sono i commenti perchè rivelano i diversi punti di vista della gente e, talora, la scarsa o distorta conoscenza dei problemi. Qualcuno pensa, ad es., che si possano rovesciare i risultati elettorali a favore della sinistra accordando il diritto di voto (magari anche alle politiche) agli immigrati. La sinistra andrebbe incontro alla medesima delusione della destra che si era battuta per anni per dare il voto ed altri benefici agli oriundi italiani all’estero per poi costatare l’ingratitutdine dei beneficiati. Egualmente "ingrati" verso la sinistra sarebbero gli immigrati. Sorgerebbero e raccoglierebbero consensi partiti etnici o religiosi di orientamento non progressista, ma conservatore. Ho constatato che immigrati dell’est temono in genere i partiti di sinistra che ricordano loro le dittature marxiste-leniniste subite nel dopoguerra. Pare inoltre che gli zingari balcanici vedano con simpatia Berlusconi.

  30. stefano segnini

    Mi sembra che l’autore sopravvaluti un po’ la capacità cognitiva degli elettori, secondo me prendersela con gli immigrati è la risposta semplicistica ad un problema che esiste, ma che è stato ingigantito dai media dei partiti di governo, alimentando un clima di paura, i partiti della "sinistra" sono percepiti come difensori dei clandestini, dei gay , degli "altri" diversi da noi. In Italia il problema dell’emigrazione clandestina è legato a quello del lavoro nero, fanno comodo a troppi, siamo un paese ridicolo, basta vedere la finzione delle domande per i permessi di ingresso per lavoratori, specialmente badanti, che per il 99 per cento sono già presenti e lavorano in Italia, domanda che una vola accolta costringe questi digraziati a tornare nel loro paese clandestinamente. Altro che redistribuzione.

  31. Fiorella Cerami

    Sembra incredibile ci sia qualcuno che pensa davvero di poter impedire il flusso migratorio con leggi restrittive che rendono sempre più difficile l’ingresso legale – come ho potuto di recente verificare di persona – e non si accorgano che è come voler vuotare il mare con una tazzina. Sembra incredibile che milioni di cristiani europei possano accettare che a quanti fuggono da guerra e carestie venga semplicemente sbattuta la porta in faccia e continuare a sentirsi cristiani. Mi sembra che le formazioni capaci di cavalcare il cavallo della paura hanno gioco facile a raccogliere consenso e rispondono a un modello di aggregrazione di gruppo ben noto, in cui a prevalere sono gli aspetti paranoci e l’identificazione coincide con l’individuazione di un nemico comune al quale attribuire tutto il negativo, l’immigrato in questo caso. I partiti della sinistra italiana però a mio avviso sono poco credibili in generale avendo superato l’avversario in malgoverno e mancanza di lungimiranza e credo questo altrettanto importante per chi come me elettore storico non ne può proprio più di doversi vergognare di aver dato il proprio voto a chi si tiene Bassolino e compagnia bella in casa.

  32. GIANLUCA COCCO

    Condivido le sue riflessioni, soprattutto l’opportunità di ispirarsi al modello scandinavo. Tuttavia, va rimarcato che la ragione della vittoria delle destre europee non va ricercata solo nel loro populismo (l’Italia è il caso più emblematico). E l’analisi non va messa in relazione solo con questa contingenza internazionale. La mancata vittoria delle socialdemocrazie e dei partiti di ispirazione comunista è legata soprattutto alle loro inefficaci e talvolta dannose politiche. Anche da questo punto di vista il caso italiano è emblematico: durante gli ultimi 15 anni il centro-sinistra ha governato più o meno la metà degli anni e i suoi provvedimenti sono stati oggettivamente più dannosi per gli strati più deboli della popolazione rispetto a quelli della destra xenofoba, collusa, delle leggi ad personam etc. Il centro-sinistra ha precarizzato il paese, tagliato le pensioni alle future generazioni, fatto pagare la riduzione dello scalone ai 65enni che lavoravano da una vita, tagliato le aliquote irpef ai ricchi nel ’96, aumentato l’iva, ha tenuto basse le retribuzioni e gli ammortizzatori sociali. La gente è prevalentemente xenofoba, ma ragiona anche con la pancia! Cordiali saluti.

  33. ahimsa

    E dove la mettiamo la concorrenza di chi assume in nero? E’ l’immigrato a scegliere di essere assunto in nero? No! Perchè il suo permesso di soggiorno (se non ha la carta di soggiorno) è legato al lavoro, quindi per restare in Italia legalmente ha bisogno di un lavoro. Ha talmente bisogno di un contratto in regola che i buoni imprenditori di questo paese – italiani e stranieri – pensano bene di sfruttare questo bisogno decurtando il loro stipendio o – paradossalmente – facendosi pagare per assumerli. La sinistra, poi, non è quella delle porte aperte (la percezione è quella costruita dal governo Mediaset + stampa appecoronata). Andatevi a vedere quanti immigrati sono "entrati" con i decreti flussi, con governi di destra al potere, e le parole dei leghisti vi sembreranno fantascienza. Se l’immigrato paga le tasse è giusto che abbia accesso al welfare. Sennò non fategli pagare le tasse, oppure smettiamo di definirci un paese liberale.

  34. D. Mario Nuti

    L’analisi è convincente. Le alternative suggerite alle limitazioni di accesso invece sono molto evanescenti. Il problema è che – anche se non ci fossero le barriere e i conflitti dovuti a differenze di razza, etnia, religione, lingua, cultura, usi e costumi – gli innegabili vantaggi dell’immigrazione sono estremamente difficili da ridistribuire in modo tale che tutti i perdenti siano più che compensati delle loro perdite e nessuno obbietti per motivi puramente economici. Tale redistribuzione infatti richiederebbe trasferimenti da poveri a ricchi, da un paese all’altro, e da agenti economici operanti in condizioni di concorrenza ad altri in condizioni di monopolio. Per una discussione di questi aspetti del problema si rinvia a http://dmarionuti.blogspot.com/2009/05/immigration-is-economically-intractable.html.

  35. Massimo GIANNINI

    L’analisi dell’autore farebbe pensare che votando i cittadini abbiano fatto un’analisi costi-benefici dell’immigrazione. Cosi’ non è, anche perche tale analisi é complessa. Dovrebbe tener conto infatti di 1) l’impatto sulla crescita economica; 2) la concorrenza o la complementarità degli stranieri rispetto ai lavoratori nazionali; 3) l’assimilazione salariale degli stranieri; 4) l’impatto sulla spesa sociale; 5) il contributo alla stabilizzazione dei sistemi di sicurezza sociale. Quello che invece funziona nella testa dei votanti é l’immigrazione percepita e la sua immagine cioé lo scenario immaginato e non la realtà. Non si spiegherebbe altrimenti visto che l’Italia con +/- 5% di immigrati rispetto alla popolazione totale, si colloca in coda della graduatoria europea dei paesi ospitanti. Non vedo poi la correlazione in Europa tra aumento dei flussi migratori reali nei vari paesi e crollo dei partiti socialdemocratici o aumento della destra. Inoltre sono le zone più sviluppate dove maggiore è la ricchezza prodotta ad attirare maggiori flussi migratori sia in Europa sia in Italia. Insomma si é votato per quello che si è percepito essere il problema e non per il problema vero.

  36. Enrico T.

    Penso che aldilà di mille discorsi e tecnicismi il problema dell’immigrazione sia così avvertito perchè nel giro di qualche decennio se l’andazzo sarà questo lo stesso concetto di Europa come la intendiamo oggi rischierà di essere stravolto. Mi risulta infatti difficile immaginare scenari diversi se si proseguirà con politiche familiari (e qui parlo soprattutto dell’Italia) pressochè nulle (con conseguenti tassi di natalità degli indigeni bassissimi e l’invecchiamento sempre più accentuato della popolazione) e con politiche di immigrazione aperte a notevoli quantititavi di persone spesso di cultura opposta a quella occidentale (e che vedono in quest’ultima un nemico da combattere). In Olanda (vedi il caso di Rotterdam) abbiamo già ora la possibilità di vedere quali pericoli possa comportare un’apertura delle frontiere cui non si accompagni una forte identità culturale occidentale (che non cada nelle trappole di un relativismo radicale) e la richiesta di una reale integrazione da parte dello straniero. Quanto alla Svezia un articolo del corriere (non penso un quotidiano xenofobo) su Malmo di circa un mese fa mostrava un caso di integrazione tutt’altro che riuscita.

  37. ERIO DA RIMINI

    Al di la dei costi del welfare aggiuntivo pro-immigrati che sono del tutto evidenti è ora di finirla sulla paura incondizionata dell’immigrato che tutti ci spolverano sul naso: il vero problema è identitario, non si può cambiare le consuetudini di un popolo solo per sfamare degli sprovveduti che con noi italiani non hanno siglato nessun patto sociale. I partiti socialdemocratici hanno fallito sull’intera linea e purtroppo ancora la maggioranza degli elettori non l’hanno capito. Fine. A proposito, mi spieghi del "Boom economico italiano degli ultimi dieci anni" in quanto è accertato da fonti ufficiali che il nostro pil è piatto per lo meno da dieci anni..

  38. jetmiri

    Egregio Professore, la sua analisi è condivisibile per quanto riguarda l’Europa ma non per l’Italia. In Italia la legge sull’immigrazione è stata fatta dalla destra, e quindi meriti/demeriti sono della medesima. Il sig. Berlusconi detiene due record in Europa in materia di immigrazione: i) La più grande regolarizzazione mai effettuata (640 mila persone con un effetto annuncio di ben 14 mesi). ii) Il più grande decreto flussi mai concesso (340 mila persone). Quindi è la destra che ha sbagliato tutto in questo paese che ha reso l’immigrazione regolare un miraggio, dove l’unico modo per immigrare in Italia e diventato comprarsi un visto turistico nelle ambasciate italiane. Quindi è la destra che ha sbagliato, ma è la sinistra che paga le conseguenze perché c’è un sistema di disinformazione. Fintanto che in Italia ci sarà un monopolio sull’informazione da parte dei Berlusconi la partita non sarà mai equa e i Berlusconi vinceranno sempre (aspettando Piersilvio). Ovviamente capisco che l’articolo è concentrato sulla caduta della sinistra nella Ue e non solo sull’Italia.

  39. dvd

    Non ritengo che sia questo il problema. Il problema è che l’italia a differenza di altri paesi europei più civili del nostro ha aggiunto un problema serio ad altri fenomeni di "marca" tipicamente italiana, come la criminalità organizzata e l’eccessivo peso della pubblica amministrazione (spesso arrogante, inefficiente, inutile e serbatoio di voti). Se poi a questo ci mettiamo che solo da noi esiste ancora un sindacato come ai bei tempi che furono (il fordismo alla Chaplin da noi non c’è mai stato) la frittatatina è fatta. Ora ridurre tutto solo all’immaginario collettivo, alla percezione distorta della realtà, al dai e dai allo straniero, e così via mi pare che si finisca per equipare questo discorso allo spessore culturale che altri fanno con iniziative che coinvolgono le starlet di turno e i tronisti. Recuperiamo serità e affrontiamo i problemi degli sprechi, della malagestione e smettiamola con l’eccesso di buonismo che tanto bene non fa. Alternativa: destra "non" sociale. Ultimo: la Svezia, ora che con la crisi finanziaria sarà costretta a pagare l’assistenzialismo della Lettonia, cosa dai noi nota e stranota dalla notte dei tempi, vediamo che piega prenderà per in futuro.

  40. franco bortolotti

    Come altri, credo che le categorie della razionalità non spieghino l’aumento della xenofobia. Prendete Prato, distretto industriale, in cui la sinistra (con candidato cattolico-buonista-ma-non-troppo) si sta giocando la maggioranza proprio sull’immigrazione. Tutti ce l’hanno con i cinesi, immaginando come contenerli in quanto immigrati, nel luogo d’Italia il cui sviluppo dipende maggiormente dalle esportazioni. La collettività cinese ha -per la sua composizione demografica- un’incidenza infima sui servizi sociali (magari sugli asili nido, non certo sulle spese medico-ospedaliere, sulle pensioni, sulle invalidità, buchi neri della nostra spesa sociale). Certo, c’è lavoro nero, e non è un caso che proprio qui, dove c’era una secolare tradizione di sviluppo informale o di lavoro grigio, sia venuta a localizzarsi una collettività così propensa, nella sua componente imprenditoriale, alla gestione del lavoro nero. Non può essere intelligente sbarrare a priori la strada all’accesso ai servizi ai cittadini del maggiore mercato potenziale. Perché non triplicare gli ispettori del lavoro "in strada"?

  41. sergio firpo

    Il rapporto con la questione "immigrazione"come delineato non è escluso. Tuttavia perchè non ritenere che vi siano anche elementi di adattamento ideologico che la sinistra socialdemocratica ha sottovalutato e non ha preso in considerazione nel quadro di una economia globale che andava cambiando i riferimenti dello sviluppo e quindi le regole dello sviluppo? Per restare all’Italia sarebbe bello potere vedere una convention super partes dove gli esperti dell’economia e della sociologia si predispongono a tracciare gli indirizzi possibili per uscire dal tunnel e per avviare la ripresa. Perché non pensare di partire con una convention proprio dei democratici e/o progressisti?

  42. alessandra

    Chiedo scusa,io non sono molto esperta di questioni socio-economiche , ma da molti vostri commenti sembra che il diritto di voto agli immigrati dipenda dal fatto se vengono pagati o meno i contributi e le tasse…..Ricordiamo che il lavoratore e il cittadino hanno dei benefici immediati in cambio delle tasse pagate e dei contributi versati che nulla hanno a che vedere con il diritto al voto. Per esempio I contributi che versiamo bene o male ci ritornano indietro come indennità di malattia e di infortunio, maternità, pensione,etc. In Italia e in europa ci sono casalinghe e studenti che non versano un euro a nessuno eppure votano lo stesso senza che nessuno se ne risenta….E allora? Il capofamiglia immigrato versa le tasse e vota, ma sua moglie e i suoi figli maggiorenni che non lavorano non votano? Mi sembra un paradosso madornale. Per votare in Italia occorre essere nati in Italia . Vivere e lavorare sul territorio italiano per 5 anni non dovrebbe ( e secondo me non può ) essere considerata una garanzia di accesso al voto.

  43. marco

    Una bella analisi, forse anche per la citazione dei Pearl Jam, sempre che abbia colto. I giornali si sono dimenticati della scandinavia, come di consueto, anche se secondo me le varie sconfitte dei partiti socialdemocratici altrove sono spesso una conferma di scarso gradimento recidivo ( e.g. gran bretagna e francia), più che una "risposta alle politiche sull’immigrazione".

  44. Io

    Complimenti all’autore che ha capito l’inghippo. Oggi sull’immigrazione si vincono o si perdono le elezioni, non usarla in senso demagogico diventa troppo rischioso, è rimasta solo la Cei a ricordarci che si stima il 7% del PIL come dovuto direttamente o indirettamente agli immigrati, quello che sfonda è un Premier che appositamente grida "sembrano strade africane!!!". In Italia c’è la comunità cinese più numerosa d’Europa. E perchè non nelle più ricche sorelle comunitarie? Perchè grazie alla deregulation morale del Silvio è ormai chiaro che da noi puoi fare quello che c…o ti pare, altrochè lassismo di sinistra.

  45. Paola Alessandri

    Condivido l’impostazione dell’articolo. Siamo in una transizione epocale che fa paura e colpisce i partiti socialdemocratici europei perchè mostrano di non avere una proposta e leader adeguati per affrontarla. La paura di perdere un benessere acquisito, la consapevolezza che i figli vivranno in condizioni peggiori dei padri, l’immigrazione tumultuosa che in pochi anni ha cambiato il volto delle nostre città, delle nostre scuole, un welfare che non basta più a coprire le esigenze che aumentano, un mercato del lavoro sempre meno tutelato. L’immigrato diventa il capro espiatorio di una paura che nasce dalla percezione di un arretramento delle nostre condizioni di vita. Servono accordi bilaterali con i paesi di origine per una gestione controllata che colpisca la criminalità che controlla il traffico clandestino. Alfabetizzazione e accompagnamento a partire dal paese d’origine (per il viaggio, il contatto con le imprese, la ricerca di un alloggio) con un ruolo attivo delle associazioni (di impresa, sindacali, del volontariato) e dello stato. Responsabilità dei produttori nella gestione sociale dell’immigrazione, riforma del welfare, forte contrasto ad ogni forma di illegalità.

  46. Maria Teresa Scherillo

    L’articolo di Boeri offre un prospettiva che fa riflettere. 26 milioni di immigrati in 20 anni su una popolazione intorno ai 400 milioni significa, in media, 7% di stranieri in più. Certo, non passano inosservati. Certo, ci interrogano di continuo sugli effetti di lungo periodo. Ma da dove vengono? Che cosa ha innescato questa travolgente spinta migratoria, qui, in casa nostra? Mi chiedo se l’innesco non sia da ricercare nella fine della guerra fredda, della competizione fra i due grandi blocchi nel contendersi il controllo del pianeta. Quanto sono diminuiti i trasferimenti al Sud del mondo a partire dall”89? Che cosa è stato fatto (se qualcosa poteva essere fatto) per contenere il crollo delle economie dell’EST? E contestare le folli politiche del Fondo Monetario degli anni ’90 che proponeva la parità di bilancio a Paesi impoveriti abbandonati al gioco delle più sfrenate avidità? Forse se siamo in grado di renderci conto che l’esito che ora ci preoccupa non era inevitabile e che noi stessi, con la nostra classe politica, imprenditoriale e culturale, vi abbiamo colluso, potremo trovare l’energia morale e intellettuale per ricercare nuove più civili e responsabili soluzioni.

  47. Giacomo Meula

    Penso che il 7% di immigrati nell’UE a 15 è servito in questi anni a tenere basso il costo del lavoro, a vantaggio delle imprese, della competitività dei prodotti UE ed anche a vantaggio delle famiglie benestanti (donne delle pulizie, badanti, edilizia, ecc.). Allo stesso tempo è andato a svantaggio dei lavoratori autoctoni non qualificati (i famosi imbianchini di Sacconi) che hanno avuto una concorrenza che ha abbassato le retribuzioni. In periodo di diminuzione della domanda di lavoro mi sembra ovvio che i lavoratori più esposti alla concorrenza vogliano una diminuzione del numero degli immigrati. Non ritengo invece che gli elettori siano molto sensibili alle tematiche relative al costo del welfare per le casse dello stato.

  48. Stefano

    Pur condividendo in linea di principio gli ideali di Sinistra, nella realtà dei fatti diventa difficile appoggiarli, perché l’integrazione non viene "assistita" e regolamentata ma lasciata evolversi in modo naturale oserei dire. In una situazioni di incertezza/paura, il cittadino che quotidianamente si trova ad affrontare i propri problemi con immigrati, non si sente assistito dallo Stato in un processo di integrazione che vede l’immigrato, prima di tutto, essere costretto ad accettare ed adeguarsi alle regole locali. La cosa secondo me importante è che uno stato forte deve difendere la cultura, le consuetudine che nei secoli ha costruito all’interno di uno certo spazio geografico. La Sinistra, non può difendere soltanto ideali umani più grandi senza tener conto di ciò che il cittadino sente come Stato, e che fa si che si possa riconoscersi tra i propri concittadini. Un immigrato non potrà mai essere un Italiano fino a quando, nel bene e nel male, non si comporterà come un Italiano. L’integrazione non può limitarsi al rispetto delle diversità, soprattutto se queste sono molto accentuate, ma l’immigrato deve, in linea di principio, "entrare" nella cultura Italiana.

  49. egidio

    L’Europa "terra della redistribuzione" ha svolto un compito fondamentale in questo dopoguerra perché ha garantito la continuità delle certezze non solo al mondo del lavoro ma anche anche ai piu’ sfortunati,i gruppi sociali immigrati che si sono insediati in Europa. Gli Stati sociali europei non ce la fanno a reggere l’impatto e le politiche di protezione sono insufficienti. Mi pare molto centrato il ragionamento del prof. Boeri che ipotizza le politiche di inclusione razionalizzando il sistema di redistribuzione sulla base di "contribuzioni" certe e controllate anche con sanzioni amministrative.L’apporto del lavoro degli immigrati è rilevante, ma deve fare i conti con una popolazione giovanile europea senza certezza di lavoro e con diritti molto precari. Questa crisi ci spinge a ragionare su un mondo fondato anche sulla "decrescita" di molti fattori costitutivi del benessere conquistato in Europa. Penso che diversamente il sistema non reggerà a fronte di una pressione crescente dei popoli poveri. Lo squilibrio delle realtà ad alto disagio sociale (i giovani) aumenterà e si possono innescare fenomeni degenerativi che i singoli Stati non saranno in grado di risolvere.

  50. maurizio angelini

    Non credo che la grande immigrazione interna degli anni 60-70 da Sud a Nord in Italia ponesse potenzialmente meno problemi.Le teche Tv fanno vedere documentari di Mario Soldati del 62-63 in cui gli edili siciliani e calabresi di Roma che per alcuni anni hanno vissuto nelle baracche e nei borghetti non erano per niente diversi, anche come visi, da quelli albanesi e macedoni di oggi. Solo che allora:1) il PIl cresceva ogni anno del 6-7 per cento;2) la grande industria fordista che assumeva operai di linea faceva anche una politica sociale di case,scuole professionali.spacci aziendali, mense, colonie ecc.;3) In Italia c’ era una vera sinistra riformista che, pungolata anche da un sano estremismo, ha imposto una vera redistribuzione del reddito e di reddito da redistribuire ce n’è ancora tanto, diciamo che oggi manca la sana sinistra riformista, non parliamo degli estremisti;4) gli operai calabresi e quelli piemontesi che lavoravano alla Fiat erano gli uni e gli altri giovani e facevano figli. Più salario, più spesa sociale, più tasse, più figli.

  51. LUCA da Rovereto

    Sono laureato in economia e mi piace molto ciò che ho studiato. L’economia è però un’analisi solo parziale della realtà. L’articolo di Boeri mi sembra "economicocentrico". Non ho letto il rapporto al quale Boeri si riferisce ma a naso direi che le preoccupazioni per il welfare non sono al primo posto quando si parla di immigrazione. Le persone culturalmente di sinistra dovrebbero fare uno sforzo e, dati alla mano, ammettere che esiste un collegamento tra immigrazione e ordine pubblico. Vedere le carceri stracolme di immigrati è abbastanza emblematico. Esitono poi le statistiche relative all’incidenza dei reati, in particolare quelli predatori contro la persona. Barbagli è uno dei principali esperti di criminalità, in un’invervista al Corriere della Sera, spiega bene come anche lui, culturalmente di sinistra, si ostinava a non voler credere alle statistiche che dimostravano una maggior propensione a commettere certi reati contro la persona da parte di immigrati (non solo clandestini). Cosa se ne fa un operaio di 50 euro in più in tasca quando si trova spacciatori sotto casa e deve aver paura che sua figlia esca la sera? Un po’ meno terzomondismo farebbe solo bene.

  52. FREDO OLIVERO

    Condivido l’analisi di Tito Boeri: bisogna avere il coraggio di leggere i dati economici. Qual’è l’apporto reale degli immigrati quando meno dell’1% riceve la pensione e l’88% la paga? Quanto è l’apporto culturale alla nostra società chiusa? E dove andiamo, in una società vecchia, senza i figli degli immigrati? Il pacchetto sicurezza è frutto di demenza e demagogia condita con parole vuote di federalismo e ordine pubblico.

  53. fredo olivero

    Le politiche sociali di inclusione e di cittadinanza piena sono quelle che danno i migliori risultati.Se si premia chi paga i contributi,diventa importanteper gli stranieri essere regolari,cosa che oggi è punita perchè chi paga non ha benefici oltre la possibilità di rinnovare il soggiorno. Vi è poi un problema di sicurezza vera:se sei regolare diventa essenziale non sbagliare, non delinquere e la sicurezza diventa obiettivo per tutti.

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