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IL CREDITO CARO ALLE DONNE

In Italia micro-imprese e auto-impiego sono più diffusi che in altri paesi. E le donne rappresentano il 25 per cento di questa categoria di imprenditori. Ma le banche praticano un tasso di interesse più alto quando è un’imprenditrice a chiedere l’accesso al fido, una fonte di credito importante per le necessità di cassa di aziende così piccole. Il differenziale non è giustificato da un maggior rischio di fallimento, si rileva su tutto il territorio nazionale ed è alto all’interno dei settori. Scende se c’è un garante uomo. E se si trattasse di una forma di discriminazione?

Le micro-imprese e l’autoimpiego sono particolarmente diffusi in Italia, più che in altri paesi Ocse. E tra questi imprenditori, le donne rappresentano il 25 per cento. L’accesso ai fidi bancari è un’importante fonte di credito per le necessità di cassa di queste imprese. Ma le micro-imprese con titolare donna pagano un tasso di interesse più alto rispetto a quelle che hanno un uomo come titolare: lo 0,3 per cento in più. Èil risultato di un’analisi che ho condotto con Francesca Lotti e Paolo Emilio Mistrulli e che si basa su più di un milione di accessi al fido bancario di 150mila micro-imprese tra gennaio 2004 e dicembre 2006. (1)

IPOTESI SU UN DIFFERENZIALE

Come si spiega il differenziale dei tassi di interesse tra imprese a proprietà maschile e imprese a proprietà femminile per lo stesso tipo di prestito? La prima e naturale risposta è che le imprese guidate da donne siano più rischiose dei loro corrispettivi al maschile. Abbiamo però esaminato i dati e abbiamo visto che non è così. Le imprese con imprenditore donna tendono a fallire meno di quelle con imprenditore maschio: nel 2004 i tassi di fallimento erano rispettivamente l’1,9 per cento e il 2,2 per cento. E le imprese femminili sono altrettanto affidabili sotto il profilo del credito, se non di più.
Il differenziale si spiega allora con il fatto che le donne stabiliscono rapporti di credito con alcuni particolari tipi di banche? Di nuovo, la risposta è no. Abbiamo invece scoperto che le stesse banche chiedono tassi di interesse diversi a uomini e donne. Forse la presenza di imprese femminili è più pronunciata in quelle areee (province) dove il mercato del credito è meno efficiente? No, i differenziali sono diffusi uniformemente in tutto il paese.
La quota di imprese femminili è molto diversa fra settori: per esempio, è una presenza irrilevante nell’industria delle costruzioni, mentre le donne posseggono circa la metà delle imprese nei settori del commercio e delle strutture ricettive. E tuttavia, il differenziale resta alto all’interno dei settori.
Il differenziale è dovuto a un effetto indiretto della legge sulla bancarotta? Fino al 2006, l’ultimo anno della nostra analisi, la legge impediva agli imprenditori falliti di avviare una nuova attività per un periodo di cinque anni. Un uomo con un procedimento pendente per bancarotta può avere perciò un incentivo a registrare una nuova attività sotto il nome di una donna. E l’impresa “apparentemente femminile” potrebbe pagare per questo motivo un tasso più alto, perché il suo profilo imprenditoriale dovrebbe includere quello del parente. Tuttavia, il fenomeno non sembra sufficientemente ampio da spiegare la differenza nei tassi di interesse: noi abbiamo escluso dal campione quelle imprese che erano più probabilmente società fittizie, ma il differenziale resta. Inoltre, la banca che ha normalmente una buona conoscenza del sistema produttivo locale, non dovrebbe avere troppe difficoltà a effettuare controlli su possibili pratiche dubbie e in caso negare il credito alle società fittizie. Se questa fosse la sola spiegazione, il differenziale dovrebbe essere più alto in quelle province che registrano tassi di fallimento più alti, ma ancora una volta non è così.

L’IMPORTANZA DEL GARANTE (MASCHIO)

Un altro risultato interessante è che le banche si comportano in modo diverso se c’è un garante. Quando una banca chiede una garanzia esterna, significa che chi accede al prestito è percepito come più rischioso. Infatti, i tassi di intresse per le micro-imprese di proprietà maschile con un garante uomo sono molto più alti di quelli per le aziende per cui la garanzia non è richiesta. Viceversa, quando una donna ha come garante un uomo, le viene praticato un tasso di intresse più basso della media delle imprese femminili. Il garante maschio è percepito come un segnale di affidabilità, e le banche trattano queste imprese come se fossero a proprietà maschile. Il risultato più stupefacente è che se l’impresa femminile è garantita da un’alta donna, i tassi di interesse sono ancora più alti: una impresa a proprietà femminile garantita da un’altra donna paga un tasso di interesse più alto dello 0,6 per cento. In altre parole, una donna garantita da un’altra donna è considerata dalle banche il peggior cliente in assoluto.
Ci siamo allora chiesti se la differenza nei tassi di interesse praticati a uomini e donne diminuisce quando al vertice della banca c’è una donna. Ma è un’analisi che non abbiamo potuto svolgere: la presenza di donne nei consigli di amministrazione delle banche è scarsa: al massimo, ci sono due o tre donne in un consiglio composto da 10-15 membri. Sembra che in Italia il settore bancario sia riservato quasi esclusivamente agli uomini.
Si tratta di discriminazione o di semplici pregiudizi? Una donna è per la banca un cliente peggiore per il solo fatto di essere una donna? Di certo, i nostri risultati non escludono questa ipotesi.

(1) Alesina, A., Francesca Lotti & Paolo Emilio Mistrulli, “Do Women Pay More for Credit? Evidence from Italy”, Nber Working Paper 14202.

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  1. marcella corsi

    Anche io mi sono occupata del tema trattato nell’articolo di Alberto Alesina, in particolare guardando alla situazione nella provincia di Roma. Il lavoro è stato svolto nell’ambito del progetto “SERVIZI INTEGRATI PER LO SVILUPPO DELL’ECONOMIA FEMMINILE” http://www.piucreditoalledonne.it/ Per studiare il ricorso al credito bancario da parte delle imprenditrici romane, la nostra ricerca ha potuto contare sui dati relativi ai finanziamenti di cassa per le imprese individuali elaborati ad hoc dalla Banca d’Italia con una ripartizione territoriale (regionale e con evidenza della provincia di Roma) e di genere. Come popolazione di riferimento sono state considerate le imprese individuali ovvero artigiani, agricoltori, piccoli imprenditori, liberi professionisti e tutti coloro che svolgono un’attività in proprio, sempre che abbiano un numero di addetti superiore alle cinque unità ovvero – nel caso di ausiliari finanziari – impieghino almeno un addetto. Nell’ambito del progetto è stata inoltre condotta un’indagine socio-economica, nel mese di maggio 2008, con il proposito di osservare su un campione di 600 donne di età compresa tra i 20 e i 49 anni, occupate nella provincia di Roma.

  2. Emma

    Ho trovato lo scritto molto interessante, ma soprattutto allarmante. Anche per il fatto che abbia suscitato così pochi interventi. Certo, non si tratta di un tema adatto alla polemica manichea "o da una parte o dall’altra’", che tanto piace a noi italiani, un po’ come il tifo da stadio, o quello politico. Ma rivela una discriminazione impressionante in quanto gratuita, cioè non motivata da nulla, se non il preconcetto appunto. Mi pare però non ci fosse nulla sulle eventuali possibilità di cambiamento, miglioramento ecc. del sistema di accesso al credito da parte delle donne. Comunque parlarne è già qualcosa.

  3. alessia

    Leggendo l’articolo viene spontaneo chiedersi quali siano gli interventi che dovrebbero essere intrapresi per eliminare l’extra spread caricato alle donne. Questa discriminazione è visibile solo a livello aggregato o viene percepita anche dalla singola banca che la pratica? Si tratta davvero di discriminazione o potrebbe trattarsi di un comportamento razionale delle banche che sfruttano la minore capacità di negoziazione delle donne per aumentare i propri profitti? Ovviamente si tratta di un problema molto grave ma non riesco a capire quali siano le misure corrette (e chi dovrebbe intraprenderle) per cercare di contrastare questo fenomeno. Gradirei sapere, se possibile, l’opinione del Professor Alesina a riguardo.

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