Esuberi inferiori a quanto richiesto dall’azienda, che dovrà quindi riconquistare quote di mercato per aumentare i ricavi. Ma le alleanze con altri vettori italiani potrebbero tradursi in un aumento del “grado di monopolio” sulle rotte nazionali. E se il nuovo sistema retributivo sembra un effettivo passo in avanti, molti dubbi solleva invece il riassetto societario. Quanto alle otto compagnie che rilanciano il sospetto di aiuti di Stato, potrebbero in realtà puntare a ridurre la capacità nel mercato del trasporto aereo, senza alcun vantaggio per i consumatori.

È difficile compiere una valutazione accurata delle prospettive di Alitalia dopo l’accordo con i sindacati. Molti punti cruciali del piano industriale sono ancora poco noti e pende il giudizio della Commissione europea sul riassetto societario e finanziario complessivo del gruppo, in particolare dopo la recente “segnalazione” da parte di otto compagnie concorrenti, secondo le quali il piano sarebbe sorretto da aiuti di Stato.

I vincoli della Commissione

La Commissione europea aveva condizionato l’autorizzazione all’erogazione del prestito-ponte di 400 milioni di euro (garantito dallo Stato) al varo di un piano credibile per riportare la compagnia in utile dopo dieci anni di bilanci in rosso. Inoltre, aveva vietato ad Alitalia (se si fosse salvata) di accrescere la sua flotta per qualche anno, in modo che non potesse utilizzare i fondi del prestito ponte per potenziare la sua capacità concorrenziale nei confronti delle altre compagnie europee. Allo stesso tempo, la Commissione aveva vincolato l’autorizzazione alla ricapitalizzazione di Alitalia alla riduzione della quota dello Stato nella compagine azionaria al di sotto del 50 per cento.

Gli accordi con i sindacati e la parte del Governo

La credibilità a breve termine del piano stava quasi tutta nella capacità della compagnia di ridurre il personale (che nei due anni precedenti era cresciuto, nonostante i risultati sempre più negativi) e il costo del lavoro per unità di prodotto, che era il più alto in Europa. (1) Perciò, nella trattativa coi sindacati, l’azienda aveva posto un obiettivo di 5mila esuberi, ma è riuscita a ottenerne soltanto 3.700. Inoltre, aveva chiesto e ottenuto l’azzeramento dei vecchi contratti di lavoro e l’accordo per contratti meno onerosi, con stipendi legati al lavoro effettivo prestato (ore volate, eccetera). Altro punto fondamentale era, per l’azienda, la separazione dei destini della compagnia di volo (AZ Fly) dalle attività di servizio a terra (manutenzione, handling aeroportuale, servizi di informatica, call center e così via), in cui si annidava una parte consistente delle perdite e che dovevano confluire nell’azienda AZ Service.
Un a volta raggiunto l’accordo con i sindacati, il Governo decideva di accordare ai lavoratori in esubero di Alitalia, così come ai loro eventuali colleghi di altre compagnie aeree, l’accesso alla cassa integrazione guadagni, integrata con un fondo speciale per portare i sussidi erogati all’80 per cento dello stipendio. Tale fondo dovrebbe venir alimentato con una piccola “tassa” (circa 1 euro) sui biglietti aerei.
La riduzione degli esuberi rispetto alle richieste dell’azienda può avere diverse letture. Resta comunque il fatto che i minori esuberi implicano una minor riduzione dei costi rispetto al desiderato e quindi – per far tornare i conti – la necessità di un maggior incremento dei ricavi. Cosa quest’ultima che implica una riconquista di quote di mercato non facile da ottenere nel quadro fortemente competitivo che si va affermando sulle rotte europee, grazie soprattutto alla presenza aggressiva delle compagnie low cost. Le prospettate alleanze di AZ Fly con altri vettori italiani, però, potrebbero semplicemente tradursi in un aumento del “grado di monopolio” sulle rotte nazionali, ovviamente a danno dei consumatori.
Quanto al nuovo sistema retributivo concordato con i sindacati, sembra di poter dire che esso rappresenti un effettivo passo in avanti verso un assetto sostenibile tanto sotto il profilo dei costi quanto sotto quello della produttività, anche se non è possibile affermare – sulla base delle informazioni disponibili in questo momento – che si tratti di un passo decisivo o anche solo sufficiente.
Per la prima volta si è deciso di offrire ammortizzatori sociali estesi a un intero comparto e non limitati all’azienda in crisi. È una novità importante. Tuttavia, la concessione del fondo integrativo appare un pericoloso precedente, soprattutto in quanto destinato a categorie di lavoratori tradizionalmente alquanto privilegiate. La vicenda, inoltre, ripropone l’esigenza di prevedere – non nel mezzo di una crisi aziendale o settoriale – un sistema di ammortizzatori sociali equo e generalizzato a tutti i lavoratori.

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Riassetto societario o aiuti di Stato?

Molti dubbi solleva il riassetto societario previsto dagli accordi. Il controllo azionario di AZ Service da parte di AZ Fly (preteso e ottenuto dai sindacati) può indurre a sospettare che non venga reciso il cordone ombelicale tra le due aziende e che, quindi, AZ Fly continui ad “acquistare” servizi inefficienti e a costi superiori a quelli di mercato da AZ Service o che, invece, AZ Service fornisca i suoi servizi sottocosto, sobbarcandosi passivi ingenti.
Non chiaro appare il ruolo attribuito nel piano a Fintecna, che dovrebbe rilevare una quota rilevante (se non addirittura il 49 per cento) del capitale ordinario di AZ Service (e il 100 per cento del capitale “privilegiato”). Perché dovrebbe farlo? E a quale prezzo per ogni azione? Allo stato degli atti non pare che, per Fintecna, un simile acquisto possa costituire un obiettivo strategico. Qualora Fintecna acquisti le azioni di AZ Service solo perché l’azionista di riferimento di Fintecna stessa (cioè il Tesoro) lo impone, e a un prezzo molto più alto di quello di mercato, l’operazione potrebbe configurarsi come una mascheratura di aiuti di Stato. Che potrebbero configurarsi anche se ad AZ Service venisse attribuita una quota molto grande dei debiti pregressi di Alitalia. Ma qui conviene sospendere il giudizio, in attesa di maggiori informazioni sulla natura dell’operazione e del pronunciamento della Commissione europea.
La segnalazione alla Commissione da parte di otto compagnie europee è un segno inequivocabile dell’interesse con cui la vicenda Alitalia è seguita dai concorrenti. È anche un segnale (positivo) che il grado di collusione nel settore si è ridotto (un atteggiamento simile sarebbe impensabile nel settore ferroviario, per esempio).
D’altra parte, date le regole vigenti, i concorrenti possono sempre sperare che il mancato salvataggio di Alitalia sia seguito dalla cessione dell’azienda per un valore pari a quello degli unici asset realmente interessanti che possiede: gli slot aeroportuali e la “designazione” per le rotte intercontinentali più ricche (cioè soprattutto quelle transatlantiche). (2)
Alitalia non è più da tempo un monopolista in Italia, ma detiene pur sempre il 43 per cento del mercato nazionale (aveva il 66 per cento solo nel 2001) e il 22 per cento circa dei voli tra l’Italia e le altre città europee, ma soprattutto è ancora il duopolista leader sulla rotta Milano-Roma, una delle più ricche del continente.
Chi “ereditasse” Alitalia non sarebbe meno ingombrante della vecchia compagnia di bandiera. D’altra parte, le compagnie denuncianti hanno non a caso fatto riferimento alla presenza di un eccesso di capacità nel mercato del trasporto aereo. Il che significa che la scomparsa di un concorrente potrebbe consentire di ridurre la capacità e alzare i prezzi, con improbabili vantaggi per i consumatori. Purché, naturalmente, il salvataggio di Alitalia non sia esso stesso distorsivo della concorrenza, e che il perdurare di una “compagnia di bandiera” in difficoltà non induca il Governo ad atteggiamenti anticoncorrenziali sia nelle scelte di riassetto interno del comparto sia nei confronti di Bruxelles.

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(1) Il valore aggiunto per dipendente è passato da 64mila euro nel 1999 a 47mila nel 2003, a causa di una riduzione del valore aggiunto prodotto e di un aumento dei dipendenti da circa 19100 a oltre 20600.

(2) Gli slot, infatti, non vengono messi all’asta ma sono assegnati in base alla regola dei grandfather rights. Questi diritti hanno dunque un valore di mercato proporzionale ai profitti ottenibili sui voli che possono essere fatti grazie a quegli slot.

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