Il bicameralismo delineato dalla riforma del Governo prevede una netta separazione tra le due assemblee: la Camera legifera sulle competenze esclusive dello Stato, il Senato su quelle concorrenti. Quasi inesistente il coordinamento tra le due. Con il pericolo di minare il funzionamento del sistema federale italiano. Le proposte delle Regioni rischiano di peggiorare il quadro, prefigurando Camere a maggioranze diverse.

Sul bicameralismo, in particolare su composizione, sistema di elezione e competenze della seconda camera, si è da sempre esercitata la fantasia dei costituenti. Nei sistemi federali non esistono, in realtà, due modelli che sia siano simili

Modelli alternativi

L’operare della seconda Camera ha dato luogo anche a risultati sorprendenti, più o meno brillanti. Il Senato americano, ad esempio, che è composto secondo il rigido principio federale con due rappresentanti per Stato, ha finito per occuparsi, invece che di problemi intergovernativi come era lecito attendersi, di questioni internazionali (la commissione Esteri è una delle istituzioni più prestigiose) o di grandi temi di interesse nazionale. In Germania il diverso metodo di selezione dei parlamentari (suffragio universale per la prima Camera e designazione da parte dei governi dei Laender per la seconda), produce di frequente maggioranze politiche diverse fra le due Camere, con il risultato di allungare il processo decisionale.

Anche il nostro paese ha imboccato la strada dell’innovazione. Il sistema bicamerale, quale si evince dal testo approvato venerdì 10 ottobre dal Consiglio dei ministri, è certamente molto originale nell’attribuire competenze separate. Dove le innovazioni possano condurre è difficile prevedere, anche perché la riforma del Senato fa parte di un pacchetto di riforme costituzionali proposto dal Governo, che riguarda essenzialmente gli organi costituzionali e che si aggiunge a un primo pacchetto riferito alle competenze. Entrambi intendono rivedere una Costituzione di recente riformata.

Se manca il coordinamento

Mi limito ad alcune considerazioni sulla separazione delle competenze fra le due assemblee. La Camera legifera sulle competenze esclusive dello Stato, mentre il Senato legifera sulle competenze concorrenti delle Regioni. Sono previsti elementi estremamente tenui di collegamento fra le due assemblee, fondati su comunicazioni fra i loro presidenti.

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Il principio della separazione è, per quanto ne so, assolutamente nuovo. In molti sistemi, la seconda Camera ha competenze parziali, ma non legifera da sola. La separazione, così come congegnata da noi, può dare luogo a serissimi problemi di coordinamento e può quindi minare il funzionamento del nostro futuro sistema federale. Vediamo perché.

Il Senato, che si occuperà di legislazione concorrente, dovrà fissare i principi generali cui dovranno attenersi le Regioni nella loro attività legislativa su queste materie. I principi generali sono lo strumento principale per il coordinamento. Fin qui dunque tutto bene.
La Camera, invece si occuperà, di competenze dello Stato. L’ipotesi su cui si basa la separazione è che vi sia distinzione completa fra competenze statali, e dunque della Camera, e competenze regionali, e dunque del Senato. Ma così non è, soprattutto se si guarda agli effetti delle politiche. Prendiamo un esempio importante.

Fra le competenze esclusive dello Stato figura l’immigrazione. Qualsiasi politica deliberi la Camera in questa materia avrà un impatto sulle politiche di assistenza e protezione che sono affidate alle Regioni e che, rientrando nella legislazione concorrente, sono di competenza del Senato. Per contro, le politiche assistenziali e di protezione delle Regioni, coordinate dal Senato, hanno sicuri effetti sulla condizione degli immigrati. Possono quindi mettere in crisi le politiche decise dalla Camera. Ma nel nuovo bicameralismo, le due assemblee agiscono separatamente e con minime possibilità di coordinamento.

Regioni e diritti dei cittadini

A ciò si aggiungono i sicuri problemi derivanti dall’attribuzione della competenza legislativa esclusiva alla Regioni per materie fondamentali come l’istruzione e la salute.
Qui non vi è possibilità di coordinamento, cioè di principi generali, né da parte della Camera, né da parte del Senato. Eppure, come non si possono vedere i problemi che possono nascere? Ad esempio, come attuare il diritto dei cittadini di farsi curare indipendentemente dalla Regione di residenza? Oppure quello degli studenti di poter passare, senza intralci e costi, dal sistema scolastico di una Regione a quello di un’altra. Secondo l’attuale pacchetto di riforme costituzionali non sembra esservi risposta.

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Le proposte avanzate dalle Regioni, magari ragionevoli di per sé stesse, rischiano di complicare il tutto. Ad esempio, l’elezione del Senato contestualmente a quella dei consigli regionali e l’inserimento di presidenti di Regioni e di sindaci nel Senato stesso, aumentano la probabilità di maggioranze diverse fra le due Camere. Gli effetti della separazione rischiano così di essere ingigantiti.

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