Appare nel bilancio consolidato 2002 di General Motors e rivela un deficit patrimoniale dei fondi pensione intorno agli 80 miliardi di dollari, quattro volte la capitalizzazione di Borsa della società. Per coprirlo la casa automobilistica ha emesso obbligazioni, molto ben accolte dal mercato. Ma il caso Gm non è isolato: anche per i fondi previdenziali americani si affaccia un problema di insostenibilità?

Il 26 giugno, la General Motors (1) ha collocato con un’offerta globale 13,6 miliardi di dollari in obbligazioni a medio-lungo termine (da due a trenta anni), oltre a 4 miliardi di dollari in obbligazioni 6 1/4 per cento “converture” a trenta anni. (2) Il mercato obbligazionario, tanto europeo quanto americano, ha molto apprezzato i rendimenti offerti, e il valore delle obbligazioni emesse è stato assai superiore all’obiettivo iniziale di dieci miliardi di dollari. Gm ha annunciato l’intenzione di assegnare i proventi della emissione ai fondi pensione aziendali, notoriamente in disavanzo patrimoniale. 
Il caso Gm si presta ad alcune osservazioni generali, sia in materia di finanza d’impresa che di politica pensionistica.

Considerazioni finanziarie

1) Il successo dell’emissione e il facile accesso al credito di cui continua a godere Gm contrastano con una situazione patrimoniale e finanziaria che a livello complessivo è problematica:
· i 4 miliardi di dollari di obbligazioni “converture” (quasi-equity) non compensano la fortissima erosione (circa 20 miliardi di dollari) del patrimonio netto della General Motors verificatasi negli ultimi diciotto mesi: al 31 marzo 2003, prima dell’emissione, si era ridotto a soli 2,2 miliardi di dollari, contro una capitalizzazione di Borsa di 20,2 miliardi. Anche assumendo la conversione del prestito obbligazionario, si situa intorno ai 6 miliardi di dollari, ben inferiore alla stessa Fiat, che al 31 marzo riportava un patrimonio netto consolidato di 7,2 miliardi di euro, e per effetto dell’aumento di capitale in corso dovrebbe superare i 10 miliardi di dollari.
· Il bilancio di Gm include all’attivo partite di assai difficile valutazione, in particolare i 39 miliardi di dollari di crediti per imposte differite.
· L’indebitamento finanziario consolidato di Gm al 31 marzo 2003, tenendo conto della emissione in esame e della cessione Hughes, era di 224 miliardi di dollari, contro liquidità e titoli negoziabili per 64 miliardi, il che comporta una posizione debitoria netta di circa 160 miliardi di dollari, concentrata peraltro nella finanziaria Gmac (3), a fronte di cartolarizzazioni e mutui ipotecari.
· Si tratta di un livello elevatissimo non solo rispetto al patrimonio netto ed alla capitalizzazione di Borsa, ma soprattutto al “free cash flow” (4) che dovrebbe misurare la capacità di rimborsare e servire il debito. Nella media (5) del periodo 2001-2003 (6) risulta di soli 1,8 miliardi di dollari annui, non lontano dall’utile operativo di 1,4 miliardi.

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2) Forse non del tutto irrazionalmente, il mercato continua a concedere ampio credito a Gm, in quanto:
· i 160 miliardi di dollari di debito netto concentrati nella filiale finanziaria Gmac corrispondono a operazioni di “asset-based financing” considerate finanziariamente non molto rischiose e auto-liquidantesi, ovviamente nell’ipotesi che il valore residuo effettivo dei beni (specie autovetture) finanziati in leasing e a garanzia dei finanziamenti ai concessionari non sia inferiore ai valori (stimati) di bilancio.
· L’attività automobilistica è estremamente efficiente nell’uso del capitale, generando 148 miliardi di dollari di ricavi con un capitale investito di 81 miliardi e una posizione di liquidità netta.
· Gm ha accesso diretto al mercato obbligazionario e delle cartolarizzazioni, senza dipendere dalla intermediazione bancaria.

3) Le passività previdenziali e pensionistiche, pur di enormi dimensioni, non vengono incluse nella analisi delle passività perché hanno una lunga scadenza e forse implicitamente si attende una socializzazione o una modifica dei piani.

4) Il mercato americano apprezza l’uso della leva finanziaria e fiscale. L’uso dell’indebitamento, anziché di un aumento di capitale, per finanziare il fondo pensione crea uno “scudo fiscale” in quanto gli interessi sul debito sono deducibili, mentre il reddito degli investimenti effettuati dai fondi pensione è esente. Poiché i fondi stessi per oltre il 65 per cento sono investiti in azioni, un eventuale apprezzamento di valore crea un forte effetto di leva finanziaria. Questa tendenza dei fondi pensione a investire, o meglio speculare, in azioni invece di effettuare un “matching” fra attività e passività investendo in titoli obbligazionari, non sarebbe possibile se i fondi pensione fossero soggetti autonomi di tipo assicurativo e se i principi contabili non favorissero questo comportamento. Sul numero di giugno della “Harvard Business Review” G. Bennett Stewart critica efficacemente questa situazione e propone un regime di maggiore trasparenza del “pension accounting”.(7)

Considerazioni generali sulla politica previdenziale

Al di là delle considerazioni finanziarie e dell’atteggiamento positivo del mercato verso Gm, resta il fatto che le passività pensionistiche e le spese mediche per i pensionati hanno assunto una dimensione insostenibile per Gm.
La nota 14 del bilancio consolidato 2002 indica che il deficit patrimoniale (attività meno valutazione attuariale delle passività) dei fondi previdenziali e medici di Gm ammontava al dicembre 2002 a ben 77 miliardi di dollari, probabilmente saliti a oltre 80 miliardi di dollari nel primo trimestre. Ciò corrisponde a quattro volte la capitalizzazione di Borsa di Gm. Inoltre, l’esborso medio negli ultimi due anni è stato di 7,6 miliardi di dollari annui, contro un costo pensioni/previdenza addebitato al conto economico ben inferiore (4,6 miliardi annui).
Mettendo queste cifre in relazione al patrimonio netto e alla redditività di Gm (8), si può condividere l’osservazione di John Plender (Financial Times, 30 giugno 2003) che gli azionisti delle società industriali americane “mature” sono in via di progressiva espropriazione da parte dei dipendenti e dei pensionati. Altri hanno osservato che le aziende automobilistiche americane sono dei sistemi di sicurezza sociale che si finanziano con la produzione di autovetture.

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Il caso Gm non è isolato. Un’analisi recentemente pubblicata (9) mostra che fra le aziende con un deficit pensionistico (10) superiore al 20 per cento della capitalizzazione borsistica si trovano tutte le compagnie aeree, tutte le case automobilistiche e molte altre importanti aziende di diversi settori.
Ne deriva una ipotesi generale, che la promessa di “defined benefits” legati al numero di anni di servizio e al reddito finale è probabilmente insostenibile tanto per i sistemi pubblici europei, quanto (e forse più) per i fondi aziendali americani.

 

 

(1) Direttamente e attraverso la finanziaria Gmac.

(2) Le obbligazioni hanno un periodo di conversione molto lungo (trenta anni) a un prezzo fisso di 47,62 dollari per azione – pari ad un premio del 32,5 per cento sul prezzo di mercato del 26 giugno. Gm si è riservata la facoltà di rimborsare in contanti o in azioni alla scadenza. Si tratta praticamente di azioni con un dividendo minimo privilegiato del 5,2 per cento (6.25-32.5/30), simile al “dividend yield” attuale del titolo Gm.

(3) La divisione automobilistica al 31 marzo riportava invece una posizione di liquidità netta pari a circa 5 miliardi di dollari.

(4) Utile operativo+ammortamenti-investimenti-imposte+variazioni del circolante commerciale.

(5) Si utilizza una media triennale per tener conto della ciclicità del settore. Il 2003 è atteso dagli analisti in ribasso rispetto a tale media.

(6) Per il 2003 si utilizzano le stime di Jp Morgan Chase.

(7) G. Bennett Stewart “Pension Roulette” HBR June 2003 – pp 104-109.

(8) L’utile netto Gm (inclusa la Gmac) negli ultimi cinque anni è stato in media di 3,5 miliardi di dollari (1,7 nel 2002).

(9) Creditsights.com “The GM Solution” – 22 giugno 2003. http://www.creditsights.com/reports/premium/006334.htm

(10) Questa analisi si limita al deficit pensionistico, senza includere quello relativo alle spese mediche, che in quasi tutti i casi, incluso Gm è superiore a quello pensionistico.

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