Perché la Sars si è diffusa in Cina? Non solo un allarme lanciato troppo tardi, ma soprattutto un sistema sanitario tra i più iniqui e inefficienti del mondo. Crolla un altro mito dei sistemi a economia pianificata, quello di garantire a tutti i cittadini il diritto alla salute.

In questi giorni tutto il mondo si interroga sugli effetti economici della Sars, non solo per il suo impatto immediato e diretto sui settori dei servizi, del turismo e dei viaggi d’affari, che sta mettendo in ginocchio compagnie aeree e alberghi, ma anche per le conseguenze di medio-lungo termine. Ma i quesiti più importanti riguardano le cause della diffusione della malattia. E non hanno trovato ancora risposte adeguate. Le responsabilità più rilevanti sembrano ricadere su di un sistema sanitario reso ancora più inefficiente e iniquo dalla privatizzazione.

Attenzione ai costi…

Grande attenzione è stata dedicata ai costi economici della Sars. Molti paesi asiatici e organizzazioni internazionali, come la Banca Mondiale, hanno rivisto al ribasso le stime di crescita, tagliandole dell’1-1,5 per cento (1). Previsto, inoltre, un forte peggioramento del deficit pubblico cinese per le ingenti spese sanitarie (2). Si teme anche un forte rallentamento del commercio internazionale: nel 2002 la Cina ha sostenuto il commercio mondiale aumentando le proprie importazioni e esportazioni di oltre il 20 per cento. E se negli ultimi anni, il Paese è diventato la principale destinazione degli investimenti diretti esteri (Ide) (3), ora molte multinazionali stanno rivedendo i loro piani. Inutile dirlo, tagliando gli investimenti destinati alla Cina.

… ma non alle cause

Molta meno attenzione è stata prestata alle cause della rapida diffusione della malattia. Eppure è proprio da qui che bisognerebbe partire per evitare il ripetersi di questi tragici episodi. A mio giudizio, buona parte delle responsabilità ricadono sul sistema sanitario cinese, diventato tra i più iniqui e inefficienti del mondo con le privatizzazioni degli ultimi anni. Vediamo perché.

Le grandi responsabilità di un sistema sanitario malamente privatizzato

La sanità cinese ha subito un’evoluzione parallela a quella dell’intero sistema economico: nel periodo maoista (1949-76) vige il collettivismo, nel periodo dengista (1979-97) si varano le prime riforme, nel periodo post-dengista (1997-2003) si procede a una drastica privatizzazione.

Durante il maoismo, il Governo concentra le politiche sanitarie sulle zone rurali. Il sistema si basa sull’agricoltura collettiva, è gratuito ed è finanziato da “communal welfare funds”.

Negli anni Ottanta, con l’inizio delle riforme economiche, le risorse della sanità cinese sono indirizzate alla costruzione di ospedali in zone urbane. Gli abitanti delle campagne, se hanno bisogno di cure, si recano negli ospedali di città.

Aumenta in questo periodo la diseguaglianza dei servizi tra zone ricche e povere e la prevenzione viene trascurata. Durante il periodo dengista, il Governo oscilla tra la volontà di tornare a forme di assistenza collettiva e la ricerca di nuove ricette assistenziali, rese necessarie dalla scarsità di fondi.

Nel 1997, il Governo decide drastiche riforme e introduce forme di assicurazione medica per i dipendenti di tutti settori.

Nel 2000, in vista dell’ingresso della Cina nell’Organizzazione mondiale del commercio, le istituzioni mediche si aprono alla creazione di joint-venture sino-estere (equity, co-operative ma non contractual).

In questo contesto di rapida evoluzione, in cui solo percentuali molto esigue di popolazione sono coperte da assicurazione, è esplosa la Sars. È molto probabile che alcuni dei primi contagiati abbiano preferito evitare il ricovero ospedaliero per non pagare il deposito cauzionale richiesto dalla maggior parte delle strutture sanitarie (e ora abolito per i malati di Sars), così facendo hanno agevolato notevolmente la diffusione dell’epidemia.

Un sistema iniquo e inefficiente

La Sars ha messo a nudo questa intrinseca debolezza del sistema sanitario cinese. Si è privatizzato l’onere del finanziamento del servizio, mentre si è mantenuto la proprietà e la gestione pubblica della fornitura dei servizi medici e ospedalieri. La spesa sanitaria complessiva cresce, ma diminuisce la quota finanziata dal Governo (centrale e locale).

L’analisi comparata dei sistemi sanitari effettuata dall’Organizzazione mondiale della sanità nel 2000, indica il sistema cinese come uno dei più iniqui al mondo e tra i peggiori in termini di performance (servizio/costo totale). La spesa totale pro capite è di 205 dollari Usa (in Giappone se ne spendono 2000), quella totale in percentuale del Pil è 5,3 per cento (7,8 per cento in Giappone), la percentuale del costo pagato “out-of-pocket” ha raggiunto il 60,4 per cento nel 2000 (19,3 per cento in Giappone), quando era il 20 per cento nel 1978, e il 42 per cento nel 1993. La percentuale del costo coperto da piani pre-pagati (assicurazione e fondi cooperativi) è 0,4 per cento (solo 1,4 per cento in Giappone, ma 16,9 per cento nelle Filippine e 16,6 per cento in Corea).

La maggior parte dei residenti delle zone rurali non ha assicurazione medica dopo il collasso del sistema agricolo collettivo, mentre nelle aree urbane l’assicurazione non copre i disoccupati o i lavoratori migrati dalle campagne (circa il 20 per cento della popolazione di Pechino e una percentuale più alta a Shenzhen).

Inoltre, il Governo non stanzia fondi sufficienti per ricerca e sviluppo, prevenzione e cura di malattie infettive, e gli ospedali sono largamente costretti ad autofinanziarsi, concentrando quindi la loro attività principalmente su servizi redditizi.

(1) La World Bank ha ridotto le previsioni di crescita dell’Asia nel 2003 di un punto percentuale, al 5 per cento. Le stime per Hong Kong sono state riviste al ribasso di circa lo 0,2-0,5 per cento: Goldman Sachs indica + 1,3 per cento (da +1,7), Morgan Stanley +2,1 per cento (da +2,7), Standard&Poors pensa di mantenere il rating A+, in considerazione delle riserve depositate. A causa della Sars, la crescita del Pil in Cina potrebbe scendere quest’anno al 7,2 per cento (8 per cento nel 2002) secondo la World Bank, mentre altre stime prospettano aumenti tra il 6,4 e il 7,4 per cento, in calo da mezzo a un punto percentuale su precedenti previsioni.

(2) Il Governo cinese ha appena stanziato 200 milioni di dollari di Hong Kong, che equivalgono a 24 milioni di euro per sostenere il settore sanitario. Si prevede che la spesa complessiva non sarà inferiore ai 9 miliardi di euro.

(3) La Cina ha attratto nel 2002 il 10 per cento degli Ide, pari a 52,7 miliardi di dollari americani.

 

 

 

 

 

 

 

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