Apprezzabili le misure su liberalizzazioni e semplificazioni, anche se l’intervento poteva essere più deciso. Non è invece emersa una visione coerente sul fronte della produttività e della competitività, uno dei problemi principali dell’economia italiana. La mancata riforma dei sussidi alle imprese.

Dal punto di vista degli interventi per il sistema produttivo, l’azione del Governo Monti sconta le diverse visionidei suoi componenti. Da una parte, la presidenza del Consiglio e il Tesoro, che privilegiano un approccio “di mercato”, basato su una riduzione dell’intervento dello Stato, sia in termini di spesa (sussidi alle imprese) sia in termini di regolamentazione (semplificazione e snellimento burocratico). Dall’altra il ministero dello Sviluppo economico, anch’esso favorevole alla semplificazione, ma con una visione più interventista dal punto di vista del sostegno diretto alle imprese. Di conseguenza, diverse cose sono state fatte sul fronte delle liberalizzazioni e delle semplificazioni, mentre non è emersa una visione coerente di come intervenire sul fronte della produttività e della competitività, uno dei problemi principali che l’economia italiana si trova ad affrontare. Di seguito una lista non esaustiva di quello che è stato fatto, di quanto rimane in sospeso e quello che ancora va fatto.

COSA È STATO FATTO

Il decreto “cresci Italia” del gennaio scorso ha introdotto una serie di misure pro-concorrenziali, fra le quali le più importanti sono state: l’aumento dei poteri dell’Antitrust e delle altre Autorità per le industrie di rete, e la creazione dell’Autorità per i trasporti; l’eliminazione di alcune restrizioni nel settore del commercio al dettaglio; lo scorporo della rete di trasmissione del gas; l’aumento dell’organico delle farmacie e dei notai; la creazione dei tribunali delle imprese, per velocizzare i tempi della giustizia civile. Molto importante, sia per il suo contenuto pratico, ma più ancora per quello simbolico, il divieto di far parte di consigli di amministrazione di società finanziarie fra loro in concorrenza.
I provvedimenti di semplificazione sono stati vari, sia nel “decreto sviluppo”, che nel decreto “semplifica Italia”, che nel decreto “crescita 2.0”. In particolare, quest’ultimo ha previsto una serie di norme a favore delle start-up innovative, che però, come ho sostenuto su queste pagine, sono di incerta efficacia e, per alcuni aspetti, possono indurre distorsioni.

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COSA È IN SOSPESO

Rimane ancora da realizzare la riforma dei sussidi alle imprese, dove più forti sono emerse le differenti visioni dei membri del Governo. In quanto autore del “Rapporto Giavazzi”, su questo argomento ho una visione “di parte”. In estrema sintesi, il rapporto propone di limitare l’utilizzo dei sussidi a chiare forme di fallimento di mercato, tagliando tutti gli altri . I risparmi andrebbero utilizzati per la riduzione del cuneo fiscale sul lavoro. Al momento, il provvedimento è in discussione nell’ambito della legge di stabilità. Parte dei sussidi alle imprese erano già stati riallocati nel “Fondo per la crescita sostenibile”, istituito presso il ministero per lo Sviluppo economico, che però non è ancora operativo.
L’Autorità per i trasporti è rimasta sulla carta. Sarebbe importante che diventasse operativa prima della fine della legislatura.

COSA MANCA

Il presidente Monti ha affermato che uno dei compiti del suo Governo era di compiere una rivoluzione culturale, un’affermazione con la quale mi trovo pienamente d’accordo. Da questo punto di vista, il segnale poteva essere più netto. Ad esempio, la vera rivoluzione nella liberalizzazione di alcuni servizi, quali le farmacie, sarebbe stato l’abolizione della pianta organica, invece che un aumento del numero di farmacie ammesse. Sarebbe stato fondamentale far passare il principio che il numero di farmacie è determinato dal mercato. Anche sulle nomine nelle Authority non è stato affermato in modo chiaro e netto il principio della competenza e dell’indipendenza e il Governo si è consumato in estenuanti bracci di ferro con il Parlamento. Bene ridurre il numero delle provincie, ma il vero messaggio di rottura sarebbe stato la loro abolizione piuttosto che l’accorpamento.

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